Scritto da Gianni Biffi il 20 Maggio 2024 .
Ormai da più di tre anni collaboro attivamente e potrei dire settimanalmente, con gli ingegneri dell’ azienda BCA che mi hanno onorato della loro amicizia e fatto quindi partecipe delle loro continue “invenzioni” nel campo dei freni a disco . Vi ricordo , per chi non ne fosse a conoscenza , che l’ ingegnere Cesare Brioschi ha disegnato per primo gli ormai famosi dischi wave o a margherita che dir si voglia dato che , seppur poi brevettati a nome d’altri , i disegni originali riportano ben chiaro il nome dell’ ingegnere Cesare ! Insomma sia Cesare che Andrea hanno una conoscenza di dischi , pastiglie e relativi impianti frenanti che possiamo definire d’ eccellenza e seconda a nessuno in questo campo .
Avendo avuto questo onore e questa possibilità mi sono gettato a capofitto nell’ ascoltare , provare , studiare e comparare dischi , pastiglie per freno e impianti per freno a disco per MTB e E-MTB . Oggi dopo aver studiato e testato sul campo penso il 90% degli impianti freno esistenti sul mercato posso dire senza ombra di smentita che ho acquisito una certa conoscenza e confidenza con i vari impianti e componenti per freno a disco . Detto questo vorrei dire che secondo il mio modestissimo parere non esiste un freno in assoluto migliore degli altri ma che ci sono semplicemente moltissimi impianti , dischi e pastiglie freno che hanno caratteristiche diverse e che quindi se si hanno le opportune conoscenze si può ottenere da ogni impianto il meglio per le proprie esigenze indipendentemente dalla Marca dell’ impianto o tantomeno dal costo dello stesso .
Spesso sento dire che l’ impianto X o Y sono veramente il peggio del mercato e altrettanto spesso scopro che l’ utente usa dischi e/o pastiglie che non sono nemmeno lontanamente adatti e performanti come altri sul mercato ! Infatti solo cambiando il disco del freno con un disco performante l’ impianto tanto bistrattato diventa un impianto più che consono all’ uso che l’ utente ne vuol fare , idem per quanto riguarda le pastiglie .
E’ altrettanto ovvio che ci sono impianti ben più performanti di altri e che il giusto mix tra dischi , pastiglie e impianto non è sempre così semplice da trovare se non attraverso 1000 prove sul campo ma solo così facendo potrete evitare di acquistare materiali non idonei all’ uso che vorreste fare con la Vostra MTB o E-MTB che dir si voglia . Se non avete la possibilità di provare a cambiare continuamente i vari componenti del Vostro impianto Vi consigliamo vivamente di rivolgerVi e consultarVi con il Vostro meccanico di fiducia che solitamente dovrebbe avere più esperienza e quindi conoscenza di impianti per freno a disco .
Personalmente posso dire che uso costantemente dischi freno BCA YOD4 e pastiglie BCA carbo-metalliche su tutti gli impianti che proviamo . Questo per poter avere una costanza di qualità e rendimento dei componenti sopra citati e soprattutto per togliere delle variabili così importanti nel giudizio degli impianti che proviamo . Questo non significa assolutamente che non esistano altri dischi e pastiglie per freno a disco altrettanto validi ma noi siamo convinti che i dischi e le pastiglie BCA possano essere considerati tra i migliori del mercato attuale !
Impianti a due o quattro pistoncini : personalmente sono strenuo sostenitore del motto “tutto ciò che non c’ è non si rompe o da meno problemi” e quindi sia per facilità d’ uso e manutenzione preferisco sempre e comunque un impianto a due pistoni che secondo il mio personale punto di vista sono molto più facili da gestire e hanno un rendimento paritetico se non addirittura superiore ai 4 pistoni che spesso hanno problemi di allineamento e conseguentemente di spinta omogenea dei pistoni stessi . Tenete presente che il rapporto oleodinamico , il diametro del pistone , il diametro della cartuccia , la qualità dei quadriring , la qualità dei tubi freno , il rapporto di leva e quant’ altro sono tutte variabili da considerare nell’ uso e conseguentemente nell’ acquisto di un impianto per freni a disco . Ancora una volta posso dirVi che spesso si tratta di feeling o esigenze di frenata del tutto personali nello scegliere un’ impianto e personalmente quindi considero tra i migliori impianti mai provati i BCA EL.02 , gli Hope Tech 4 V4 e i Trickstuff Maxima in stretto ordine alfabetico .
Quindi quando mi succede , come purtroppo è successo ancora la scorsa settimana , di leggere “fesserie” scritte da persone che nella loro esperienza in MTB hanno usato magari solo 3 impianti per freno e magari di quei 3 almeno 2 li hanno provati nel parcheggio – e che soprattutto non hanno avuto la possibilità di confrontarsi con ingegneri del settore ne tanto meno hanno voluto studiare/capire come funziona un freno a disco – mi viene naturale provare a spiegare che magari non hanno sempre ragione nel dire che la leva è troppo lontana dalla manopola quando è chiaro ed evidente che esiste un registro per regolare la distanza …
Scusatemi se mi sono tolto un sassolino dalla scarpa 🙂 🙂 🙂
Scritto da Gianni Biffi il 27 Marzo 2024 .
Il titolo non è provocatorio ma semplicemente una realtà , ma andiamo con ordine . Da più di 20 anni sento parlare di cambi interni al mozzo e oggi interni ai motori che saranno la vera rivoluzione nel ciclismo e nelle E-bikes , ma sino ad oggi il vecchio e buon deragliatore posteriore continua ad equipaggiare il 99,9 % delle MTB ed E-MTB . Nel mondo moderno 20 anni sono un periodo di tempo lunghissimo e se non esistono ancora sistemi interni di cambiata , secondo il mio modesto parere , non è perché gli ingegneri si sono addormentati ma bensì perché i limiti dei sistemi di cambiata interni sono evidenti e pressochè irrisolvibili se paragonati alla classica cambiata con la buona e vecchia catena e il buon vecchio deragliatore su di una biciclettta or E-MTB .
In due parole posso riassumere questi limiti con PESO e ATTRITI . Infatti qualsivoglia sistema interno di cambiata con ingranaggi ad oggi progettato prevede degli ingranaggi in bagno d’ olio che oltre ad aumentare il peso di circa 1 chilogrammo produce attriti nettamente superiori a quelli della classica catena sul pacco pignoni e la corona anteriore . Se mi sbaglio , dato che noi umani siamo tutti portati a sbagliare o a non conoscere tutto il sapere del mondo , Vi prego di segnalarmi dove sbaglio .
Ma oggi esistono sul mercato i nuovi gruppi Sram T-Type Transmission che personalmente uso ormai da quasi un anno e ho percorso quindi con essi sicuramente più di 5.000 chilometri in montagna . Se siete interessati a sapere perché considero i gruppi T-Type Transmission la vera rivoluzione attualmente del settore MTB o E-MTB potete leggere la nostra first ride e i miei primi dubbi sul sistema T-Type Transmission qui e in seguito le mie impressioni dopo averli usati correttamente e per un periodo più lungo ancora qui .
Tralasciando gli indubbi vantaggi nella fluidità di cambiata anche sotto sforzo , che penso di aver ben descritto nelle prove linkate qui sopra , vorrei sottolineare che questi deragliatori posteriori sono dotati di un sistema a frizione (semplifico così per facilità di comprensione che il deragliatore possa rientrare verso l’ interno in caso di caduta e poi riposizionarsi automaticamente dove deveva essere) che elimina quasi totalmente la possibilità di rottura del deragliatore stesso e/o del forcellino del telaio che del resto non esiste nemmeno più con i gruppi Transmission . E anche se dovesse rompersi qualche cosa nel deragliatore sappiate che per la prima volta nella storia del ciclismo vengono forniti tutti i ricambi possibili rendendo così il deragliatore ricostruibile senza la necessità di doverlo cambiare interamente .
Se poi a questo aggiungete che la gamma ormai è abbastanza ampia e probabilmente si amplierà ancora verso la fascia bassa di prezzo , che eliminate guaine e fili perché è con comandi bluetooth , che è preciso nella cambiata come pochi altri (non veloce come scritto nelle prove) direi che ci sono tutti gli ingredienti per non farVi più pensare ai cambi interni .
Qualche difetto comunque dovete pur sempre considerarlo come in tutti i prodotti del mondo : la rumorosità di cambiata c’ è e si sente in alcune occasioni come detto nei test , la batteria va comunque controllata spesso ed eventualmente ricaricata e infine il difetto più grosso forse è che la gabbia del cambio è abbastanza lunga e interferisce più facilmente con eventuali ostacoli del terreno .
Dierei che ho detto più o meno tutto e spero di non averVi annoiato , grazie per l’ attenzione !
Scritto da Gianni Biffi il 12 Luglio 2023
Dopo la prima presa di contatto di Aprile che potete leggere qui e che ci aveva lasciati leggermente perplessi abbiamo proseguito a usare il sistema Sram Transmission o T-type su altre E-MTB che ci sono capitate in test in questi mesi .
Dobbiamo dire che i primi test di fine Aprile erano stati effettuati utilizzando una corona anteriore normale e non del sistema Transmission poiché le corone stesse e i gruppi per E-MTB non erano ancora disponibili e ad oggi la situazione in Sram purtroppo è ancora molto difficile a livello di disponibilità . Il responsabile dei nuovi gruppi Transmission di Sram mi aveva comunque inviato una e-mail informandomi appunto del fatto che se tutti i componenti del gruppo non fossero stati allineati si sarebbero potuti creare dei malfunzionamenti e sinceramente non pensavo che la solo corona anteriore avesse potuto causare questo ma ho dovuto poi ricredermi con l’ utilizzo del gruppo completo : l’ uomo si migliora solo attraverso mille dubbi (cit.) 😉
Infatti mi è ora chiaro che se la catena non entra perfettamente nei denti della corona e del pacco pignoni il sistema non riesce a riconoscere perfettamente il momento di cambiata perché dovete sapere che la cambiata avviene sempre e solo quando il sistema si trova in una certa posizione della catena sul pacco pignoni e se la catena non entra perfettamente nei denti della corona il sistema non riconosce esattamente in punto in cui deve avvenire la cambiata . Spero di aver chiarito con parole il più semplici possibili a tutti Voi il perché l’ utilizzo di corona, pacco pignoni catena e comando Transmission siano indispensabili per il buon funzionamento del gruppo .
Chiarito questo nostro errore iniziale e l’ importanza di avere tutti i componenti allineati veniamo ora alle nostre impressioni dopo un utilizzo abbastanza intenso del gruppo in questione . Possiamo tranquillamente confermare che la cambiata e soprattutto le cambiate multiple sulle E-MTB – possibili solo schiacciando più volte il comando – sono più lente che con un gruppo AXS non Transmission dato appunto che è il sistema stesso a gestire i tempi della cambiata in base a dove si trova posizionata la catena sulla dentatura del pacco pignoni ma sinceramente ciò non ci ha mai causato alcun problema per il nostro uso ludico della E-MTB .
Riguardo invece la possibilità di cambiata sotto sforzo dobbiamo ricrederci nel senso che la cambiata mentre si è in spinta sui pedali è sicuramente possibile e quasi sempre questo avviene velocemente e senza particolari rumorosità . Solo in alcuni saltuari casi si ha una rumorosità leggermente superiore al normale , solitamente a basse rotazioni e velocità , ma la sensazione di fluidità di cambiata anche sotto sforzo rimane comunque ben presente .
Il comando a manubrio wireless che all’ inizio lascia perplessi per il suo posizionamento , diverso da quanto a cui noi tutti siamo abituati , è invece estremamente facile e funzionale da usare e dopo poche cambiate diventa realmente intuitivo e pratico .
Ho avuto anche occasione di urtare la gabbia del cambio Transmission e ho chiaramente avvertito lo spostamento verso l’ interno del cambio stesso e il suo ri-posizionamento quasi immediato sulla corona corretta come Sram ha comunicato a tutti noi e questo immagino salverà il cambio in caso di urto e ancor di più di cadute !
A questo punto , con la presentazione del GX Transmission di ieri e il completamento quindi della gamma verso il basso , personalmente vorrei avere un gruppo Transmission su ogni mia futura bicicletta sia essa tradizionale che E-MTB 🙂
Scritto da Gianni Biffi il 30 Aprile 2023 .
Scritto da Gianni Biffi il 9 Dicembre 2022 .
Era il 10 Dicembre 2006 quando la prima MTB full suspended con ruote da 29″ moderna – tralascio i tentativi del buon Gary Fischer che aveva intuito i vantaggi delle ruote grandi ma non aveva potuto realizzare telai specifici per quelle ruote – arrivava sui sentieri Italiani grazie all’ amico Tony Ellsworth : si chiamava Evolve . Da allora di strada se ne è fatta tantissima e oggi possiamo affemare con certezza che la guerra dei diametri ruota è stata sicuramente vinta dalle ruote grandi da 29″ . Io già nel lontano 2006 sostenevo , dopo la prima prova ai Corni di Canzo (foto originali di quel giorno illuminante per me) , che non c’ era partita e che avrei voluto avere una bicicletta da downhill con quelle ruote grandi !!! Tutti mi hanno dato dell’ incompetente o del pazzo – come sempre – dicendomi che la cosa era irrealizzabile e che non ci sarebbe stato nessun vantaggio reale ma oggi , a 17 anni di distanza , posso dire che avevo ragione io 😉
Infatti numeri alla mano anche un survey report di un noto magazine ci conferma che le 29″ si attesteranno nel 2022 poco al di sotto del 60% delle scelte dei Bikers mentre le 27,5″ e le MX sono ambedue al di sotto del 20% . Praticamente spariti gli altri formati quali 26″ , 27,5″+ , 29″+ e Fat .
Chiunque ha provato oggi le ruote da 29″ , in tutti gli ambiti o quasi del nostro sport , ha subito percepito dei benifici immediati come lo scavalcamento dell’ ostacolo e il mantenimento della velocità acquisita tra i tanti ma allora la mancanza di accessori quali forcelle , gomme e quant’ altro era un limite che oggi è stato ormai superato . Inoltre l’ avvento di sempre più materiali dedicati e il design in cui tutti Costruttori si sono impegnati sia dei telai che delle sospensioni posteriori hanno permesso l’ uso delle ruotone in tutti i campi . Poi negli ultimi anni le forcelle con offset differenti , reach sempre più lunghi e attacchi manubrio sempre più corti hanno dato alle 29″ maggiore stabilità e handling che nel lontano 2006 sembrava impossibile ottenere se non dal gruppetto limitatissimo di visionari avanguardisti a cui ho l’ onere di appartenere .
Dal cross country al downhill tutti hanno potuto beneficiare del vantaggio che io avevo percepito già 17 anni fa … La storia continua … Stay tuned !
Scritto da Gianni Biffi il 13 Marzo 2022 .
Questa 10° settimana del 2022 ci ha permesso di usare in rapida sequenza tutte le tipologie di MTB oggi disponibili sul mercato : la stessa faccia dello stesso divertimento ?
Quindi in ordine temporale prima uscita con le E-MTB super light , un segmento ancora poco conosciuto del mondo E-MTB . Poi a seguire una Enduro tradizionale (muscolare per i più) come la nuova Cannondale Jekyll : una creatura meravigliosa e per finire le ben più conosciute e oggi diffuse E-MTB a motore pieno con peso altrettanto pieno .
Per rispondere alla domanda iniziale posso sicuramente confermarVi che – IMHO – è proprio così : per chi ama la montagna su due ruote sia essa con l’ aiuto o senza il divertimento è sempre lo stesso ! Bellissimi boschi , panorami incredibili , discese più o meno tecniche dove mettere alla prova se stessi e il mezzo e salite più o meno dure da fare in sella o meno . Quindi Vi domanderete perché scegliere una , l’ altra o l’ altra ancora . La risposta è abbastanza semplice ma solo Voi stessi sarete in grado di risponderVi perché la risposta è soprattutto nel Vostro approccio con il tempo da impiegare , la Vostra voglia di divertirsi e in che modo !
Ma andiamo con ordine : E-MTB SL (super light) . Esistono diverse tipologie anche di SL dato che l’ industria oggi fa di tutto per soddisfare ogni nicchia pur di vendere qualche pezzo in più 😉 La prima è stata la Levo SL che ha creato questo segmento con un motore leggerissimo , molto efficiente nei consumi ma con potenza e coppia più limitati di altri e con una batteria da soli 320 Wh dati i bassissimi consumi . Poi esistono prodotti con motore normale ma cassato nella coppia (senza senso secondo me perché si può ottenere lo stesso risultato usando l’ APP del motore) e infine prodotti con motore normale ma a potenza piena e batteria più piccola delle sorelle maggiori che in ambedue i casi consumano comunque sempre e più della SL in base ai settaggi delle assistenze che si imposteranno . E’ una scelta azzeccata ? Forse per chi non è allenato e deve uscire con degli Enduristi tradizionali è la scelta migliore … Non credo sia così per chi invece dice “ce la faccio ancora” ma un aiutino per uscire con gli amici con la MTB elettrica piena sarebbe utile : ricordateVi sempre che Vi gireranno comunque intorno in salita date le maggiori potenze e/o capacità della batteria quando e come vorranno ! In discesa poi il peso – compreso tra i 17 e i 20 Kg. – non Vi darà mai un vantaggio tale da farVi dimenticare l’ agilità della All mountain / Enduro tradizionale .
MTB tradizionale da Enduro : se userete questa tipologia di bicicletta – a condizione di usare un prodotto di recente costruzione – in discesa avrete sicuramente tanta maneggevolezza e grandissimo divertimento quanto e più di una E-MTB che comunque sia risulta più pesante e impacciata nelle manovre anche se anch’ essa divertente . Ma la grande differenza sarà nei tratti in salita dove a parità di allenamento impiegherete quasi il doppio del tempo per salire e in alcuni tratti sarete addirittura costretti a spingere o a rinunciare a salire dove invece salireste con delle E-MTB ! Inoltre non dimenticate il fatto che un motore Vi darà una tranquillità psicologica di poter comunque salire e arrivare in cima meno stanchi e quindi divertirVi di più in discesa 😉 Chi userà quindi queste MTB ? Gli atleti amatori o agonisti che siano , chi ama principalmente il fare fatica oppure chi predilige i bike park e/o le risalite meccanizzate : in questi casi è la scelta sicuramente preferibile .
E-MTB a motore pieno e peso pieno : si parla di E-MTB con un peso dai 20 ai 28 Kg. con batterie di grandi capacità – si può arrivare sino a circa 1000 Wh – che hanno conquistato una vastissima schiera di Riders in questi ultimi anni . Si sale in fretta facendo lo sforzo che si decide di voler fare , dato che ricordateVi sempre che bisogna comunque pedalare e spingere almeno un pochino per azionare l’ assistenza del motore , e poi si scende divertendoVi come sapete fare . Come detto non sono maneggevoli e prestanti come una Enduro tradizionale di ultima generazione ma permettono comunque un grande divertimento anch’ esse . Sono oggi la scelta più diffusa perché ovviamente permettono a chiunque abbia un minimo di capacità di guida , di conoscenza della montagna e del mezzo di fare percorsi adatti al proprio livello di capacità e divertimento con una fatica controllata .
Come detto sopra concludo con la risposta più ovvia : solo Voi stessi sapete cosa volete fare , quanto e come avete voglia di fare fatica e come amate di più divertirVi ! Quindi decidete autonomamente su cosa sia meglio usare / acquistare e andate in montagna a divertirVi !!!
Scritto da Gianni Biffi il 7 Marzo 2022 (Chilometri percorsi circa 50 , periodo di prova circa 120 giorni).
Sin da quando ho ricevuto la prima Mondraker Crafty RR Carbon 2022 a Novembre 2021 , il sistema di telemetria denominato Mind da Mondraker mi aveva molto incuriosito . Per i meno pratici di MTB un sistema di telemetria delle sospensioni è un sistema che rileva il lavoro delle sospensioni in un determinato tratto del percorso e Mondraker ha deciso di montarlo su tutte le sue MTB e E-MTB d’ alta gamma in carbonio .
Il sistema è costituito da un magnete e da un ricevitore che in base allo spostamento verso il basso degli steli forcella e ammortizzatore misura la corsa degli steli stessi (fig. 1) . Al posteriore questo viene rilevato da un inclinometro e , a differenza della forcella dove la corsa dello stelo è pari alla corsa alla ruota essendo la forcella stessa telescopica , il valore letto deve essere moltiplicato per il rapporto di leva della sospensione che è di 2,3 . In pratica se l’ inclinometro rileva una corsa dell’ ammortizzatore di 30 mm significa che la corsa della ruota sarà di 69 mm alla ruota poichè il leveraggio progressivo del sistema Zero® applica appunto questo coefficiente (fig. 2) . Devo dire che all’ inizio era tutto corretto nel rilevare la corsa dell’ ammortizzatore posteriore ma non veniva tenuto in conto questo rapporto di leva . Dopo lunghe , e devo anche dire inutili discussioni grazie all’ intervento anche di D.S.B. , in Mondraker hanno provveduto a sistemare il tutto e ora il nostro Mind rileva la corsa alla ruota in maniera corretta .
I dati rilevati vengono poi trasmessi al nostro telefonino , tramite un’ antenna posta sotto il tubo di sterzo , a l’ interfaccia di un’ APP denominata MY Mondraker e di conseguenza a un cloud di Mondraker dove vengono elaborati e generano quindi mappe del percorso , grafici e quant’ altro necessario . Il sistema è abbastanza intuitivo per chi “smanetta” normalmente tra le varie APP ma potrebbe mettere in difficoltà un neofita ; del resto una telemetria è destinata ad un pubblico già evoluto e questo in Mondraker ben lo sanno 😉 Devo fare notare che per fare partire la registrazione di un tratto è comunque necessario fare il fix dei satelliti tramite il sistema GPS del Vostro telefonino e questo in presenza di alberi in un bosco e/o di cielo nuvoloso non è sempre immediato o addirittura possibile … Non spetta certo a noi valutare l’ utilità o meno di una telemetria delle sospensioni ma sicuramente posso dirVi che è perlomeno interessante e anche divertente l’ utilizzo della stessa !
Per iniziare ad utilizzare correttamente il sistema Mind Vi verrà richiesto di accoppiare la Vostra unità Mind all’ APP tramite bluetooth e una volta effettuato l’ accoppiamento Vi verrà richiesto il Vostro peso in ordine di marcia e a quel punto di effettuare la misura del SAG delle due unità ammortizzanti . Il tutto è molto ben guidato all’ interno dell’ APP My Mondraker stessa e non presenta grosse difficoltà per chi mastica normalmente di queste cose . Il corretto rilevamento del SAG è sicuramente una parte molto importante e comunque una buona base di partenza per utilizzare la Vostra MTB con sospensioni tarate correttamente . In base poi alle Vostre preferenze e capacità di guida (l’ APP Vi permette di scegliere fra 3 diversi livelli) potrete poi proseguire in un setting più fine adatto a Voi proprio in base alle risultante delle misurazione fatte con la telemetria : COOL !!!
Come potete vedere nelle immagini qui sotto (fig. 3 , 4 e 5) il sistema fornisce i seguenti dati :
A voi ora sbizzarrirVi nell’ utilizzo dei dati forniti nella maniera che riterrete più appropriata fosse anche solo per misurare il salto più lungo che avete fatto e compararlo con quello dei Vostri amici 😉
Insomma ci siamo divertiti non poco a constatare come il sistema Mind Vi fornisca dati e valori a cui non avevamo nemmeno pensato prima dell’ utilizzo dello stesso e considerando che è incluso nel prezzo della Vostra Mondraker senza nessun sovrapprezzo è un valore aggiunto non da poco per il biker evoluto !
In questi ultimi tempi abbiamo avuto modo di provare sulla nostra Santa Cruz Heckler CC una coppia di ruote Enve AM30 Foundation Series .
Prima di venire alla prova vera e propria riteniamo utile fare una distinzione tra le diverse tipologie di ruote in carbonio in due categorie differenti :
Nella prima categoria l’ Utente ricerca spesso e volentieri semplicemente un abbassamento del peso delle masse rotanti e considera poco importante il livello di rigidità delle stesse proprio perchè spesso l’ utilizzo è limitato al cross country e quindi la guidabilità / rigidità passa in secondo piano rispetto al valore in grammi .
Ovviamente le ruote Enve AM30 non fanno parte di questa categoria e sono dedicate ad un uso più allmountain / trial / enduro dato che il loro peso è di 950 gr. per l’ anteriore e di 1780 gr. per la posteriore nella nostra coppia da 27,5″ . Il canale interno è da 30 mm (esterno 39 mm) e sono consigliate per un uso con gomme sino a 2.6 .
Come detto abbiamo potuto utilizzare la Heckler con queste ruote dopo che l’ avevamo usata con ruote in alluminio e anche con ruote in carbonio di diversa azienda produttrice . Ebbene ciò che risulta subito evidente sin dai primi metri di utilizzo è l’ estrema rigidità laterale delle ruote che conferiscono anche a queste ruote della gamma Enve una guidabilità e precisione senza uguali oggi sul mercato ! Se paragonate alle ben più costose sorelle M7 direi che è ben difficile poter valutare una rigidità e una conduzione meno precisa mentre per contro mi sembrano in pochino più confortevoli data la minor sensazione di rigidità nell’ impatto con il terreno .
Se paragonate invece alle ruote in alluminio o in carbonio di altri la precisione di guida è nettamente superiore e quindi ci sentiamo di consigliarle a chiunque cerchi rigidità ed estrema precisione nella guida !!! Per contro, per chi non è abituato a ruote così rigide e precise, potrebbero addirittura risultare un problema nella guida perchè ovviamente non permettono errori e o imprecisioni di guida : dove metti la ruota lei va !
Quanto sopra detto evidenzia quindi la necessità di un certo periodo di assuefazione al prodotto ma Vi assicuriamo che se cercate una ruota precisa e rigida nulla ad oggi ci ha impressionato positivamente come le ruote della famiglia Enve !
Per finire il prezzo risulta allineato alle produzioni di aziende concorrenti e Vi ricordiamo che è presente la garanzia a vita sul primo proprietario del prodotto senza nessuna limitazione di sorta . Ci sentiamo quindi di consigliare le AM30 per chi cerca super prestazioni dalle proprie ruote in carbonio 🙂
Presentata durante il periodo di lookdown – cosa che ha suscitato negli addetti ai lavori non poche perplessità – la nuova serie di forcelle Fox 36 , 38 e 40 è stata completamente rinnovata sia nel disegno dei foderi che nella parte idraulica con l’ aggiunta della valvola VVC . Per la descrizione tecnica della forcella e delle novità Vi rimandiamo al sito ufficiale Fox al seguente indirizzo : https://www.ridefox.com/family.php?m=bike&family=38 . Oltre agli steli da 38 mm, al nuovo casting dei foderi e alla già citata valvola VVC possiamo riassumere le novità salienti con il nuovo sgancio rapido flottante, le valvole per scaricare il surplus di pressione aria nei foderi, il nuovo sistema che porta l’ olio alle spugnette di lubrificazione sotto i paraolio e il nuovo parafango opzionale che si fissa direttamente all’ archetto
La nuovissima 38 è stata da molti considerata la vera novità della nuova serie anche se in effetti sia la 36 che la 40 risultano completamente ridisegnate e quindi completamente nuove . La fattura del prodotto è come sempre curatissima e la qualità meccanica superba, forse al limite del maniacale ! Imponente nella sua struttura dove spiccano gli steli da ben 38 mm. come suggerito dal nome del prodotto stesso.
Ma veniamo alla prova effettuata su diversi terreni (tra cui una scala infinita in pietra naturale lunga quasi 8 Km) in quest’ ultimo mese come segue. La 38 è molto rigida e quindi all’ apice della guidabilità per una mono piastra. La differenza con la 36 – anche se per onestà devo dire che non ho ancora provato la nuova 36 con i nuovi foderi ridisegnati – è subito percepibile mentre il peso, di circa 400 grammi superiore alla 36, sulla E-MTB dove l’ abbiamo montata non è così evidente nella conduzione della E-MTB stessa . Magnifica la scorrevolezza degli steli Kashima sin dal primo utilizzo e superlativa la prima parte di corsa che copia anche le foglie come si usa dire 🙂 La progressività poi è assicurata dalla cartuccia Grip2 con la nuova valvola VVC e non abbiamo mai dovuto affrontare fondi corsa durante il nostro utilizzo con taratura della molla ad aria leggermente inferiore (- 5 psi) al minimo consigliato per il nostro peso .
Veniamo ora alle domande che molti ci hanno rivolto durante le nostre uscite con il nuovo gioiello di Fox.
Vale la pena di scegliere la 38 al posto della 36 ? A mio personalissimo parere su una E-Bike, dove il fattore maggior peso è meno rilevante, sicuramente si vista la maggior rigidità e guidabilità della 38 . Probabilmente su una Enduro tradizionale invece il maggior peso dovrebbe far riflettere in confronto alla nuova 36 che immagino sia anch’ essa molto più performante dell’ attuale versione (spero di poterlo verificare al più presto) .
La 38 sostituisce una forcella a doppia piastra ? Sinceramente avendo usato già dallo scorso anno una doppia piastra su una Kenevo Expert non mi sento di dire che la 38 abbia la stessa rigidità e caratteristiche di guida di una doppia piastra e personalmente propendo per la doppia piastra visto anche il minor affaticamente che ho con la doppia …
Insomma per terminare un prodotto molto ben costruito, come d’ abitudine per Fox, che diventa in questo momento un riferimento di rigidità e conducibilità per la categoria mono piastra nel mercato attuale !!! Se poi ne fate un discorso puramente estetico la forcella è imponente e bellissima !!! A ognuno di noi la scelta della forcella che meglio si datta alle proprie esigenze e il fatto che il mercato ci permetta di scegliere è sicuramente un vantaggio non da poco per tutta l’ Utenza .
Pro-Meide – Ovvero l’epica al tempo della MTB
di Ezio “Freakrider” Baggioli
Prologo : tutta colpa di Horst
AMP Research. Immagino che questo nome non evochi nulla alla maggior parte di chi oggi scorrazza in MTB che sia muscolare o assistita. Per chi come me è una cariatide di questo divertimento, poi mutatosi in un affare economico di migliaia di bilioni in qualsiasi moneta voi lo declinate, il suo fondatore Horst Leitner ebbe un intuizione che avrebbe segnato lo sviluppo delle bi-ammortizzate fino ad oggi: brevettò uno snodo sui foderi bassi che svincolava la sospensione dalla frenata, cosa che con i carri monocross e con i carri URT (per chi non ha mai avuto la disgrazia di possedere una bicicletta con tale innovazione ingegneristica degna del Bike Razzie Award, io ebbi per qualche tempo una Klein Mantra tanto affascinante quanto inguidabile), deve sapere che permetteva ampie escursioni per quei tempi fino ed oltre i 150mm fin tanto che si stava in sella: appena ci si alzava per affrontare una discesa, il carro che era solidale al movimento centrale ma svincolato dal telaio trasformava il vostro “feather bed” in una putrella su due ruote. Per fortuna ebbero vita breve e nessuna lacrima sgorgò (ad imperitura memoria) sulle sospensio che imperavano a quel tempo. L’ Horst trasformò la guida da un cocktail di scossoni, imprecazioni e dolori cervicali in un inizio di confort e precisione in discesa e soprattutto sulle salite. Gli anni ottanta furono per lo sviluppo, momenti frenetici con innovatori spesso visionari che arrivarono da un settore in crisi: le costruzioni aeronautiche.
La California era uno stato dove la Silicon Valley non era ancora il cuore economico della regione, la globalizzazione si affacciava nelle americhe con il NAFTA, avevamo il made in Taiwan e le ristrutturazioni industriali negli Stati Uniti iniziavano a cambiare volto al paese.
La rete di fornitori delle aziende costruttrici di velivoli iniziò a vacillare ed il nuovo mercato aperto dalla MTB, permise di riversare le competenze tecnologiche nelle lavorazioni dell’alluminio (la scelta di AL 6061 lega usata fin dagli anni quaranta in campo militare è dovuta solamente alla reperibilità sul mercato ed alla conoscenza dei processi produttivi) e dei componenti quali pedivelle, serie sterzo, sospensioni: la fase 2.0 era iniziata. In questo calderone di competenze si mescolarono l’ardore dei padri del movimento, quali Tom Ritchey, Gary Fisher, Joe Breeze, Joe Murray, Charlie Kelly al raziocinio ingegneristico di Gary Klein, John Parker, Bob Girvin, Doug Bradbury, Horst Leitner, Richard Cunningham (non è il protagonista di Happy Days ma fondatore di Mantis e editore spirituale di MBAction, la bibbia del movimento nel 1986) e la visione più commerciale, rivelatasi vincente di Myke Sinyard anticipato di qualche anno da Richard Burke e Bevel Holl. Qui da un movimento di flowers power ad industrializzare il giocattolo sono passati poco meno di dieci anni.
In quegli anni ero stato tre volte negli Stati Uniti: la prima volta nel 1984, passai un mese a Laguna Beach CA, cittadina sede prescelta di un noto marchio sportivo fondato da Yvon Chouinard Deus della golden age in quel di Yosemite e innovatore del clean climbing. Per me, umile ragazzotto Italiano fu un viaggio catartico: spiagge, surf con tutto il suo corollario dove non ci si faceva mancare nulla. Vidi per la prima volta queste strane biciclette che pedalate dai surfisti annoiati dall’attesa dell’onda perfetta, scomparivano rapidamente lungo i pendii collinari che abbracciano la costa oceanica. Fu un amore travolgente: chiesi al mio ospite Bob, telemarker e surfista che conobbi durante un ravanage selvaggio al Piz Agnell in Engadina, mentre facevo i primi esperimenti di Telemark in fuoripista e da Lui venni soccorso in crisi glicemica, dove potessi trovarne una. Abbiamo la stessa stazza Bob ed io, lui aveva una Breeze, non si chiamavano ancora MTB, la chiamava Klunker. “Uomo, è come sciare Telemark ti butti giù e trovi la tua linea. In salita uguale: sali secondo la tua condizione come quando si fa sci alpinismo, non si sale per arrivare in vetta, lo fai per scendere più velocemente che puoi. Birra ed accessori all’inizio ed alla fine, che altro dirti? Provala e non scenderai mai più di sella…” mai parole furono più profetiche.
Nel 1987 mi abbonai a MBAction di cui ansiosamente attendevo la copia mensile per leggere di quel mondo che qui in Italia appariva sfocato: solo la rivista naturalistica “Airone” nel 1985 usci in prima di copertina con la Cinelli Rampichino, secondo loro la prima MTB prodotta in Italia, ma come scoprii molti anni dopo non era la prima. Forse dal punto di vista industriale, ma qualcun altro a Milano aveva precorso i tempi, ma lo scopriremo a tempo debito. Rapidamente mi passarono tra le gambe bici totalmente rigide, i puntapiedi, la prima front suspended con forcella Rockshox con ben 50 mm di corsa, freni Grafton, componenti Control Tech, la prima bici in alluminio, i primi pedali a sgancio SPD, le prolunghe al manubrio, i caschi ETTO, gli occhiali Oakley Eyeshade, la prima bi-ammortizzata Manitou FS con la corsa esagerata di 80mm F/R. Nel 1992 un incidente in montagna mi mise fuori gioco per quasi tre anni, lasciai la bicicletta e gli sci in cantina, le priorità erano altre in quel periodo volevo riprendere l’uso della gamba destra che mi rese per tutto quel periodo invalido, sognavo di riprendere a sciare Telemark e ero passato alla bici da strada, come strumento di recupero pari alle estenuanti e noiose vasche in piscina. Non ho mai amato il cricetismo ed obbligato a scopo terapeutico ad applicarmi tornai in sella ad una Breeze Lightning, in sano CrMo Tange con forcella Answer Manitou da 50 mm, sui sentieri innevati a La Punt; le Fat non esistevano… Compresi cosa provasse l’Araba Fenice risorgendo dalle proprie ceneri, ero vivo e vegeto. Rincontrai Bob alla seconda edizione della Skieda a Livigno a Marzo del 1996, dove tra una birra, tenda sudatoria e qualche calumet della pace ci ritrovammo a parlare dell’attività estiva prossima ventura.
“Freak, la devi provare credimi. E’ la miglior MTB che potresti pedalare ora, poche balle, lo scrive anche Jimmy Mac e se lo scrive Lui, lo conosci sei abbonato da dieci anni alla sua rivista. Leggi cosa ne pensa Zap Espinosa, sono le colonne d’Ercole del nostro mondo. AMP B3, segnatelo non so se la troverai qui in Italia ma questa è la tua bici.”
In quel periodo cambiavo le bici come i managers di cambiano la cravatta, me la studiai leggendo e rileggendo la prova su MBAction, guardando i freni a disco e le sospensioni, di sua produzione, con una forcella F3 a parallelogramma da 50mm, corsa al posteriore di ben 2,75 pollici che in millimetri sono circa 70 mm. Approfittai di un viaggio di vacanza nei parchi dell’ovest negli Stati Uniti (la mia prima volta a Moab) per far visita a Bob a Laguna dove si trovava ai tempi AMP Research. Sicché tramite Bob feci un incauto acquisto in un noto negozio della zona: tornai in Italia con un telaio B3 in valigia, compreso di freni a disco idraulici a comando meccanico, una summa di miniaturizzazione meccanica. Ne andavo fiero, tutta polish alluminio allo stato dell’arte.
Ero quello che oggi definiremmo Poser… La pedalai abbastanza per capire che quello che arriva dopo è sempre il miglior prodotto.
MBAction era un influencer sottile e faceva leva sull’umano peccato di possedere un giocattolo nuovo, per cui appena presentata la B4 che rivoluzionava l’estetica del prodotto, mi misi alla ricerca di quest’ultima. Scrissi una commovente lettera ad AMP Research che mi rispose in tempi direi brevi, dove mi veniva comunicato che in Sud Tirolo, un parente del CEO tra le altre attività di famiglia aveva intrapreso l’importazione dei telai e componenti, lasciando in calce indirizzo e numero di telefono. Preso dal sacro furore dell’acquisto contattai l’importatore che stava in Val Pusteria, dove avevo parecchi amici legati al mondo del telemark e come sempre non sono mai sei gradi di separazione: conosceva bene una mia amica farmacista. Credo che dopo la mia telefonata dove lo travolsi di parole in libertà, volesse non più essere raggiungibile, ritirarsi in un maso con le vacche, ma fu piacevole ricevere una sua sua telefonata dove mi offriva il primo esemplare europeo, a suo dire, della nuova B5 che avevo visto sempre sulla Bibbia. 120mm di corsa al posteriore, forcella BLT F4 con ammortizzatori minion idraulici corsa monstre di 80 mm, steli del carro in carbonio e triangolo di un bel solar Yellow con torretta reggisella nero opaco. La volli così fortemente che messo giù il telefono prenotai un auto, in quel periodo utilizzavo solo la moto per muovermi salvo noleggiarla per andare a sciare, e andai un sabato mattino a ritirarla, giusto per inghiottire 800km tra andata e ritorno, ma al cuore non si comanda.
Si dimostrò per quei tempi una bicicletta discreta, nonostante la corsa ti facesse pensare ad una schiacciasassi, si palesò essere quella che oggi definiremmo una Trail Bike: non aveva un angolo di sterzo accentuato, abbinato ad un attacco manubrio da centoventi millimetri non ti dava una gran confidenza in discesa, ma a quei tempi non si era ancora evoluto uno standard discesistico, eravamo nel basso medioevo della MTB. I dischi venivano guardati con sospetto, avevamo guarniture a tre corone con cambio ad otto velocità, manubri che quando raggiungevano i cinquecentottanta millimetri erano considerati larghi…
MI piaceva, non c’è che dire, come quelle modelle dai tratti forzati che durante la settimana della moda stravolgevano gli sguardi dei Milanesi allupati all’aperitivo in Corso Como. La trovavo intrigante così snella un poco anoressica, con i contrasti di colore e quella apparente fragilità, che poi tanto apparente non si rivelò.
Infatti la settimana precedente ad una delle Granfondo della mitologia fuoristradistica Italiana: La Via Dei Saraceni in quel di Sauze d’Oulx alla quale ero iscritto, durante un giro a San Genesio in un tratto di discesa l’ammortizzatore passò a miglior vita. Il suo essere anoressico non lo facilitò nel suo lavoro ed io rimasi appiedato… Lascio al vostro buon cuore i possibili commenti che avendo scomodato tutti gli dei dell’Olimpo e non solo, nella loro grazia divina allietarono i cinghiali nella macchia. Sconsolato, decisamente alterato non potei altro che tornare mesto a casa, impugnare la sacra Bibbia della MTB e cercare informazioni. Considerate che la rete non è quella che conosciamo ora, non c’erano tuttologi affermati, forum o pagine dove setacciare informazioni, la carta aveva sempre il suo valore, le riviste anche in lingua italiana erano presenti; Tutto MTB e Bici da Montagna erano le fonti alle quali abbeverarsi, sempre che non avessi un abbonamento a MBAction… Cosi sfogliando compulsivamente trovai la soluzione tanto agognata: in verità il cugino del CEO, da me bombardato da telefonate che avrebbero provocato il suicidio di massa di intere colonie di lemming, mi disse “cerca l’importatore Italiano di un produttore di sospensioni che chiama Risse Racing Technology. Risse fa un ammortizzatore ad aria dedicato che risolve il problema, mi hanno scritto che funziona molto bene. Guarda, segnati l’indirizzo Pro-M di Giovanni Biffi via Lucillo Gaio, 7 numero di telefono 335 29…. Sta a Milano, anche tu se non sbaglio, vero? “
Mi sentii risollevato. Riposi il telefono, cercai con curiosità non morbosa qualsivoglia inserzione pubblicitaria di Pro-M sulle riviste, alla penultima pagina di una copia di Giugno di Tutto MTB trovai quello che stavo cercando. Pro-M importatore Mountain Cycle, Risse Racing Technology ect. ect.
33529…. squilla: al quarto squillo una voce nasale con un forte accento Milanese mi risponde: “pronto?!”
“Buongiorno, Pro-M? Sì, buongiorno mi scusi… Voi siete importatori Risse Racing Technology? Possiedo una AMP B5, ho l’ammortizzatore fuori uso e ne vorrei acquistare uno. Lo avete in casa?”
dopo una breve pausa la risposta.
“Sì, è a magazzino.”
“Benissimo! quanto costa?” eccitato dal poter rimettere in azione la bicicletta, risposi.
“Trecentosessantamila Lire” risposta fu mai cosi cristallina.
“Per ora grazie, lo prendo, posso passare domani? A che ora? Le potrebbe andar bene nel primo pomeriggio? Di chi dovrò Chiedere?”
“Chieda di Gianni Biffi, che sono io… arrivederci”
Libro I – Cap. I
Gli anni d’oro – La genesi
Correva l’Annus Domini 1997.
Il secolo scorso stava per volgere alla fine, Milano non sembrava per nulla preoccupata di questa “fin du siecle” anzi, tutto sembrava soto controllo: locali dell’aperitivo sempre pieni come i panini imbottiti, quelli che ti mangi fuori dallo stadio di San Siro e non ti chiedi che cosa ci sia dentro. I lavori stradali in Piazza della Repubblica che accompagnati da cartelli consolatori promettono l’apertura del passante ferroviario per Natale sono sempre causa di incolonnamenti e sicure incazzature con dei cordiali “vaffa” a chi con il solito GS con borse e baule e con calzino proteggi Church sul piede sinistro si piazza di traverso oltre la linea di arresto pronto allo scatto bruciante destinazione il Chiosco più “in” che si trovava Corso Sempione , visto che qui a Milano si va sempre di fretta, anche all’aperitivo. Il XX secolo sta per finire, cosa vuoi che siano 3 anni? Si parla di una nuova moneta Europea intanto il trattato di libera circolazione dei cittadini sarà reso operativo dal 26 ottobre, una nuova era d’oro per il continente, così i giornali economici e le dichiarazioni commosse condite da traboccanti strette di mano per l’onore dei fotografi ci viene prospettata. Ma le prospettive son solo e sempre ipotesi, dovremmo avere prove inconfutabili per renderle plausibili, basta un attimo e come il barman al quale hai chiesto un Negroni nel girone infernale all’una e trenta circa, ti serve uno sbagliato. Negroni sempre di nome ma non di fatto; il mondo regolato dall’orologio dell’universo va avanti come sempre con o senza speranze.
Di quelle ne avevamo in abbondanza, la politica dopo anni di difficoltà legati mani e piedi al sistema clientelare della prima repubblica sembrava andare verso un nuovo corso. Il 20 Gennaio Bill Clinton iniziò il suo secondo mandato aspettando la stagista a carponi nello studio ovale, la cometa Hale-Bopp il 22 Marzo sfiorò la terra e come una mano anonima scrisse “In vita mia hovvisto piùu homete che fiia” sul muro dell’accademia navale di Livorno, portò gioia tra gli umani, altro che sfighe. Infatti il 9 Maggio a Venezia un gruppo di annoiati nostalgici della Serenissima occuparono il campanile di San Marco, una gogliardata che la cometa sicuramente aveva suggerito. Dopo un secolo, in un 1° Luglio afoso, condito da tifoni nel sud est asiatico colpito da una crisi economica senza precedenti, la Gran Bretagna restituisce Hong Kong alla Cina che ci stava mettendo il naso nell’economia globale, “Che cosa vuoi che facciano ‘sti cinesi? Sono lavoratori a buon prezzo, null’altro. Il vantaggio che lavorano, lavorano per una ciotola di riso. Ho spostato la produzione vicino a Canton, li fanno quello che voglio io, non i miei dipendenti…” Cosi tuonava a cena un amico di mio padre, dimenticandosi che loro, i mangia riso, erano un impero dal 221 a.C. con solo duecento anni di declino e che avevano sostituito all’Imperatore il partito, ma i risultati li avremmo visti dieci anni dopo. Ma era tempo di lacrime popolari, di accorati mazzi di fiori lasciati sul luogo dell’incidente: il 31 agosto Lady Diana Spencer sotto il Pont de l’Alma perde la vita in un incidente stradale. I suoi funerali commuoveranno 2 miliardi di persone appiccicati agli schermi dei televisori di mezzo mondo, tra dediche, canzoni di Elton John ed ipocrisia celebrativa, the show must go on. L’autunno stava per iniziare, due studenti dell’università di Stanford Larry Page e Sergey Brin il 15 Settembre annunciano la teoria secondo cui un motore di ricerca basato sullo sfruttamento delle relazioni esistenti tra siti web, avrebbe prodotto risultati migliori rispetto alle tecniche usate fino ad allora: nasce Google. Questo episodio segnerà il corso degli anni successivi, la vita sociale degli esseri umani muterà radicalmente, internet dilagherà nelle case mandando in pensione le polverose enciclopedie che stanno staticamente in bella vista nei salotti ad imperitura memoria di cultura da acquisire.
Il 13 Ottobre non è un giorno qualunque per la nostra storia. L’uscita nelle librerie Londinesi di “Harry Potter e la pietra filosofale” libro di J.K. Rowling, il primo di una serie di sette non prende le prime pagine dei giornali. In Italia si discute su un’ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale che fa ordine sugli interventi urgenti legati al terremoto che aveva colpito, tanto per cambiare, Marche ed Umbria il 26 settembre ma sono notizie che sarebbero scivolate come il sapone sulle mani.
Chissà che cosa passava per la mente di Gianni Biffi quel pomeriggio in Via Messina. Sicuramente era impegnato alla ricerca di un parcheggio come tutti quelli che in un giorno qualunque, uggioso come tutti i giorni dell’ Ottobre 1997, colorato dalle foglie rosso screziato e giallo senape cadute dagli aceri nel piazzale del Monumentale trasportate lì chissà come da un vento nervoso ed indisponente e dagli ombrelli aperti dei passanti che si riparavano da un inutile pioggerellina lungo le bancarelle del mercato di via Fauchè.
Come sempre trovare parcheggio in zona era più difficile che vincere un terno al lotto sulla ruota di Venezia, ma in via Procaccini in fronte a Rossignoli evitando le rotaie del tram appiccicati al marciapiede della ex fabbrica Carminati, Toselli & C. che tutti conoscono come la Fabbrica del Vapore, se ci mettevi il giusto impegno, una Subaru Impreza WRX STI la piazzavi, stando attento a non sfrisare i cerchi dorati in stile “Goldfinger” che la caratterizzavano. Il design non l’ ho mai compreso fino in fondo, ma per quanto i cerchioni potessero far vomitare anche i koala, io l’ Impreza me la ricordo più per la guida che per l’estetica, proprio come il Gianni, che in quel momento era alla guida della stessa.
Via Messina, in quel tempo era il baluardo alla penetrazione della comunità Cinese, che stava concentrata nel Borgo degli Ortolani noto ai più come Chinatown, il quartiere compreso tra via Canonica e Paolo Sarpi. Nel brulicare di attività commerciali ed artigiane Cinesi resistevano all’espansione alcune attività commerciali, in via Niccolini, per fare un esempio, si era piazzata la Numero Uno, concessionaria bauscia delle Harley Davidson e meta di pellegrinaggio di Yuppies non ancora tatuati e di ligere del Giambellino nostalgiche di Easy Rider. Tra queste attività commerciali una piccola bottega che era il negozio di MTB a Milano: Tech Shop. Il mercato dell’esoterismo su due ruote era diviso equamente tra Tech Shop di Alan K. e Bicimania a Lissone, piazzato lungo la Valassina e gestita da Maurizio Z. grazie alla passione di un industriale Brianzolo. Alan era mosso dalla passione di chi sa che, come scriveva Oscar Wilde “The difference between a man and a boy is the price of the toy” (in italiano la rima non torna ma il senso sì…“la differenza tra un uomo ed un bambino è il prezzo del giocattolo”), tutti noi abbiamo bisogno di giocare fino al giorno della nostra departita. Se smettessimo faremmo uno sgarbo ai nostri sogni: l’umano vive di quelli ed i giocattoli aiutano, Gianni ne è un fulgido esempio. Il negozio era meta di personaggi che giocavano con molta passione, tipo un noto ingegnere Milanese che pur avendo una mole poco consona al prodotto acquistava in modo compulsivo tutte le biciclette che potevano in quel mentre renderlo meno soffocato dal lavoro, per poi ripudiarle gettandole delle rupi. Ignari testimoni lo videro gettare una Yeti ARC, al grido “Bici di MMMM…..AAAAA!!!!! “, da un’asperità. Tutti noi abbiamo una rupe Tarpea con la quale prima o poi facciamo i conti in senso figurato; Lui invece da buon ingegnere le cose le faceva, nel bene e nel male.
La vetrina di Tech Shop era una fucina di sogni all’ennesima potenza: Mantis, Yeti, Mountain Cycle, Santa Cruz, Turner, Cannondale, componenti che non avrebbero sfigurato in vetrina da Pisa in piazza Duomo, non solo per la raffinatezza ma anche per i prezzi. Tutto proveniva dagli Stati Uniti rigorosamente ricavati dal pieno, la massificazione del prodotto era ancora da venire, eravamo nel guado tra l’artigiano geniale e la timida industrializzazione: era la nicchia della chiesa esoterica del Biker Milanese. La pioggia leggera sfocava la vista della Mantis Flying V che si ergeva a totem circondata da componenti adoranti al centro della vetrina, i passanti volgevano lo sguardo incuriositi e scuotevano la testa sparendo nel grigio del pomeriggio sollevando gli ombrelli per far passare le donne con le borse della spesa. Dopo aver vinto il terno del parcheggio, Gianni si avvicinava all’ingresso di Tech Shop con il suo incedere curioso; un incidente automobilistico di ventuno anni prima lo aveva relegato ad una lunga degenza in quel di Chiusi, ingessato fino al torace per troppi mesi con il risultato di avere in ricordo una piaga alla caviglia che lo costringeva ad un leggero inchino della spalla sul lato destro ogni volta che muoveva un passo in avanti, riequilibrando la camminata.
All’ingresso F.F. un uomo sui trentacinque / quarant’anni di media statura, capelli castani che sovrastano disordinati una fronte spaziosa con il viso delimitato da un paio di occhiali dalla montatura pesante che gli davano l’aspetto di un prete di campagna in attesa di entrare in curia per incontrare un superiore e, come in quei momenti, inarcò le spalle e si guardò intorno incrociando cosi lo sguardo di Gianni.
“Oh, Gianni come stai, stai andando da Alan? Stavo per entrare in questo momento. Beh, voglio che mi acquisti qualche San Andreas, ho dei componenti niente male di Adventure Components, sospensioni Risse. Non so se lo sai, ma questa non è la mia sola rappresentanza commerciale, ci sto provando. Il mercato è in crescita… Io sono solo, tu sei un imprenditore, hai magazzino, contabilità, dipendenti ai quali un domani delegare… Insomma avrei, no… Vorrei chiederti se questa attività ti potrebbe interessare, Tu sai gestire, ma soprattutto sei un appassionato! Quanto spendi qui da Alan? Non che io voglia farti i conti in tasca ma… Pensaci. Per te sarebbe un piccolo impegno… La struttura non ti manca. cosa ne dici? Non che sia di fretta, ma quando vuoi ne riparleremo; vieni a casa da me e ti mostro il mio magazzino, così mi potresti dare un suggerimento… Senza impegno, la mia è un’idea che mi è venuta in mente ora… Vedendoti”
Gianni non distolse lo sguardo durante tutta la conversazione. La proposta lo allettava, un nuovo gioco da iniziare. Buttò lo sguardo sulla Mantis circondata da un aurea di goccioline di pioggia. Abbozzò un sorriso. ”Va bene F. oggi qui su questo marciapiede di fronte a questa vetrina nasce Pro-M, l’idea mi piace, vedremo se il tempo sarà galantuomo e dove arriverà.”
Non entrò da Tech shop, salutò F.F. e si diresse in direzione di via Procaccini scivolando tra gli ultimi ombrelli aperti.
Libro I – Cap. II
L’incontro
Un sabato imprecisato di Luglio 1998
Luglio a Milano era un sudario calato sulle strade, trincee di asfalto che metteva a sedere i Milanesi boccheggianti nei parchi tra dog sitters, tate filippine ed improvvisati suonatori di Bonghi dispersi con la mente su qualche remota spiaggia della Giamaica. Le scuole erano finite a Giugno, quindi meno traffico ma il calore umido non faceva alcuno sconto: la sensazione che ti dava la sella a 451° Fahrenheit era l’esistenza dei centauri, dato che ti si incollava al fondo schiena e ti faceva un tutt’uno con lei. Non ho mai passato un Sabato in città da quando iniziai a vivere a Milano, non uno che fosse inverno, primavera, estate o autunno: ero più latitante di un bandito sardo nell’Ogliastra. Chi latita per necessità si sposta alla ricerca di nuovi rifugi, io ero sempre alla scoperta di nuovi sentieri, appena ne avevo la possibilità. Ripercorrevo quello che durante la mia infanzia avevo apprezzato in compagnia di mio padre e li ripetevo con varianti che poi negli anni successivi verranno chiamate “varianti Freak” con un nervoso affetto dai miei compagni di pedalate. Immagino i volti dei miei amichetti quando leggeranno queste parole…
Comunque sia, quel Sabato ero rimasto a Milano perché avevo la necessità di recuperare l’ammortizzatore Risse Terminator per la mia B5; senza non sarei andato da nessuna parte, avevo in mente un giro al colle di Valcava, per riscoprire il sentiero 801 che porta a Torre Dè Busi. Mi ero messo a cercare Via Lucillo Gaio su Tuttocittà, non ero molto pratico della zona a quel tempo, unico indizio “zona viale Certosa”… L’unica cosa che conoscevo era la concessionaria auto Bepi Koeliker che imperava scintillante, come le sue auto di lusso e che avrebbe fatto una miserrima fine pochi anni dopo, l’edificio severo in un qualunque anonimo stile teutonico della filiale Bayer Italia, giusto perché quando prendevo la fuga da Milano me lo trovavo all’angolo aspettando il semaforo verde. Per chi non ha vissuto il periodo pre-navigatore Tuttocittà era un fascicolo che veniva recapitato con l’elenco telefonico e di corredo alle Pagine Gialle: quando cercavi un attività commerciale ti affidavi ciecamente a lui, cercavi nell’indice la via poi andavi a sfogliare fin che non trovavi il quadrante di riferimento. Fase due: segnavi l’itinerario a mo’ di roadbook sulla Moleskine e poi andavi fiero come un esploratore nell’Africa nera per la tua strada, confidando sulla bontà della tua scelta. Il primo pomeriggio stava per arrivare, anche perché non ho mai capito quando accidenti inizia: alle 14? Oppure alle 15:30 come la maggior parte delle attività commerciali della operosa Milano? Vampate di calore mi venivano gettate in viso come i coriandoli al carnevale mentre guidavo la moto lungo la circonvallazione, i rivoli di sudore iniziavano a scendere dalla fronte come fiumi in piena dopo essermi lessato prelevando il contante ad uno sportello Bancomat.
Ma ero in ritardo o almeno credevo di esserlo. Persi un sacco di tempo per capire da dove si prendesse Via Lucillo Gaio: lo stradario me la indicava quale fosse una parallela di Viale Certosa, ma non vi era modo di accedere, percorsi su e giù per un paio di volte il viale, fin tanto che orientando lo stradario che per sicurezza avevo riposto nel baule della moto trovai l’ingresso: preso il controviale mi infilai in via Tibullo, incrociai a destra il divieto di accesso a via Lucillo Gaio girai in Via Gallarate, che ai tempi non mi diceva nulla sennonché fosse la via che conduceva ad uno dei cimiteri più grandi di Milano, al semaforo prima del cavalcavia del Ghisallo imboccai via Capodistria e con magno gaudio mi ritrovai in Lucillo Gaio. La via era sonnecchiosamente deserta alle 15:20 circa di un Sabato di Luglio, parcheggiai sul marciapiede augurandomi che l’asfalto non si liquefacesse, buttai il casco nel baule e mi avvicinai al numero 7…
L’edificio dal design classico degli anni settanta ad un piano era equamente diviso in due parti uguali con cinque bocche di lupo messe in sicurezza da robuste inferriate dove sulla prima a sinistra campeggiava una targa con tanto di freccia che guardava in basso a destra con scritto “POSTA” ed altrettante finestre , chiuse in quel momento da serrande grigio austero addolcite da frontespizi rosso carminio accompagnate in un ordine BauHaus da piastrelle dal profilo romboidale grigio chiaro che mi ricordavano il cielo di Milano… Che fosse un omaggio dell’architetto a questa città? Al centro un ingresso con un accesso di alcuni gradini in marmo agli uffici a sinistra, dove una lampada di lucido ottone aggrappata ad una parete di legno color mogano illuminava di sottecchi una porta chiusa da una doppia mandata e da un portone marrone finestrato che non tradiva il suo scopo di ricevimento merci con una porta al centro che come un buttafuori al Plastic attendeva il mio ingresso. Sopra la targa del passo carraio il numero 7 mi confermava la destinazione e sopra un globo blu composto dalla scritta BIFFI al centro e sul fondo bianco AUTO PARTS mi rammentava che non avevo sbagliato indirizzo… Ma la Pro-M? Avvicinandomi al portone vidi il logo ripetuto ed appena sopra una targa adesiva che imparai a conoscere bene nel corso degli anni : Pro-M !
Suonai il campanello e sentii la voce ovattata di un uomo che diceva “Vado io! Vedo chi è…” Sentii una chiave aprire la mandata, la porta si aprì e due occhi cerchiati da un paio di occhiali inforcati su un naso generoso mi scrutavano questuanti: misi a fuoco un viso rubizzo, dovuto al caldo che fuoriusciva dall’interno, con una fronte spaziosa imperlata da piccole gocce di sudore che si allungava verso la nuca non nascondendo un’ incipiente calvizie.
Sfoderai un sorriso e tendendo la mano dissi “ Gianni Biffi? Piacere ho chiamato ieri per acquistare un ammortizzatore Risse, mi sa che sono in ritardo , ma ho fatto un poco di casino qui intorno per arrivare…” L’uomo mi fece entrare richiuse la porta si voltò verso di me e mi rispose: “no… non sono io Gianni, sono un amico di vecchia data, andiamo in bicicletta insieme… Adesso è su in ufficio, aspetta che lo chiamo così scende, immagino conoscendolo che Ti stesse aspettando… Ci diamo del Tu tra Bikers, piacere mi chiamo Daniele”. Mi guardai intorno, la luce che filtrava dai finestroni del portone metteva in chiaro scuro gli scaffali in fila come tanti soldati all’alzabandiera fino a farli dissolvere nel buio, una Subaru Impreza WRC STI nei canonici colori racing con un impressionante tubo di scarico stava in fronte. Appoggiata ad una colonna una Pro Flex 856 rossa di taglia media era accostata ad una colonna. “Non c’è alcun problema, va benissimo, sono Ezio” risposi. Il rumore di un condizionatore era amplificato dallo spazio ampio del magazzino, sicuramente alleggeriva la morsa del caldo in ufficio, ma io sudato lo ero. Se c’è una cosa che odio è non essere presentabile ed in quel caso incarnavo questa opzione… “Ggiannniii, vieni giù!” Daniele si era avvicinato ad una scala alla mia destra che portava ad un ballatoio dove alle spalle si aprivano gli uffici, da una porta a vetri uscì un uomo che appoggiandosi alla balaustra con quell’accento profondamente Milanese e velatamente nasale rispose “Arrivo, scendo subito…” La prima cosa che notai, fu in suo incedere: un passo cadenzato, senza nessuna fretta con il capo leggermente chino a destra. Quando fummo l’uno di fronte all’altro allungando la mano disse: “Gianni Biffi”
“Mi deve scusare, sono in ritardo pensavo di arrivare un poco prima, ma via Lucillo Gaio ha un ingresso non facile, questa è una zona che non conosco… ma ci sono!” Gli strinsi la mano. Indossava una Lacoste ed un paio di jeans al polso un orologio sportivo, un uomo di statura media con una capigliatura corvina foltissima che nascondeva in parte la fronte, mettendo in risalto gli occhi attenti che abbracciavano un naso affilato accompagnando il mento che metteva in ordine il viso, non aveva il fisico di un sciusciamanuber ritenevo avesse una quarantina di anni o poco più. Nella mano sinistra dove spiccava una sottile fede d’oro giallo, teneva stretto un Nokia 9000 Communicator, un gioiello tecnologico… Costava quanto un appartamento in Montenapo si usava dire in quegli anni. “Andiamo il magazzino Pro-M è lì sotto”
“La Pro Flex è vostra?” Gianni si girò e con un mezzo sorriso di scherno rivolto a Daniele che mi stava al fianco disse divertito “No… Qui di cancelli non ne teniamo, abbiamo già quello all’ingresso, basta ed avanza” Daniele non rispose subito, scosse la testa e rise di gusto. Mi pareva fosse molto complice; gli sfottò ci stanno se sei in sintonia, pensai che si conoscessero da tempo. Appena entrati a destra sotto il ballatoio, un piano antiscivolo portava all’ammezzato dove ci attendeva la stanza dei giocattoli. Lo spazio non era grande, in una scaffalatura alla sinistra entrando vi erano disposti attacchi manubrio AC, ricambi, selle , dischi freno ed impianti Pro Stop, ammortizzatori Risse e molle Eibach… Quello che mi colpì era l’ordine con il quale la gamma Mountain Cycle era stata allineata di fronte. Le biciclette stavano come cavalli in parata a distanza preordinata, con la pedivella destra in avanti a centottanta, come se attendessero il segnale per scattare… Le San Andreas declinate in un bianco fatale facevano la parte dei Lipizzani all’ alta scuola di Vienna, la loro grazia stilistica le rendeva uniche! Sembrava fossero lì solo per gli occhi del loro mentore, che le aveva assemblate con dovizia di dettagli… Una cosa mi fu subito chiara: quell’uomo in Lacoste quando mi spiegò su mia richiesta le caratteristiche delle biciclette soffermandosi su ogni più remota minuzia che fosse una saldatura o sui componenti che montava non era un commerciante ma un visionario, era la vittima perfetta di una passione che se lo catturava si faceva spolpare da Lei, un supplizio di Tantalo che ti porta ad andare sempre più alla ricerca di nuovi orizzonti. Pensai che quello era il suo hobby ed avendo forse intuito che aveva altro come attività lavorativa, dava sfogo al suo desiderio di giocare.
“Sei fortunato, in Italia quante AMP RESEARCH ci sono? Mi sa poche, le conti sulle dita di una mano” così proferì consegnandomi il mio ammortizzatore. “In effetti comuni non sono, mi trovo bene quando la pedalo non vedo l’ora di provarlo, sono molto contento, grazie. Domani sicuramente uscirò in bici, voi uscite?” Risalimmo in magazzino, Daniele si avvicinò alla Pro Flex giochicchiando con la forcella Girvin “Gianni domani non abbiamo in programma di andare a Tirano per andare a fare Bernina, Pontresina, Alpe Grum, Poschiavo?” disse mentre stavo per saldare l’acquisto.
“lo conosco benissimo il giro in questione, lo faccio da anni, questo è il momento migliore per andare, i laghi sono incredibili a Luglio.”
Dandomi la fattura, Gianni Biffi mi disse: “se la conosci così bene vuoi venire con noi? Siamo un gruppo di amici e Clienti. C’è anche Daniele con il suo cancello, ci troveremo qui domattina”
“Grazie, ci verrò sicuramente… Sono onorato di questo invito… Facciamo così, vediamoci domattina a Lecco in piazza Cermenati sul lungo lago. ditemi voi a che ora… 7,30 può andar bene? Un posto lo avete per me? Questa sera andrò a trovare i miei genitori, appena finirò di montare l’ammortizzatore…”