Pro-Meide – Libro I – L’ incontro

Libro I – Cap. II

L’incontro
Un sabato imprecisato di Luglio 1998

Luglio a Milano era un sudario calato sulle strade, trincee di asfalto che metteva a sedere i Milanesi boccheggianti nei parchi tra dog sitters, tate filippine ed improvvisati suonatori di Bonghi dispersi con la mente su qualche remota spiaggia della Giamaica. Le scuole erano finite a Giugno, quindi meno traffico ma il calore umido non faceva alcuno sconto: la sensazione che ti dava la sella a 451° Fahrenheit era l’esistenza dei centauri, dato che ti si incollava al fondo schiena e ti faceva un tutt’uno con lei. Non ho mai passato un Sabato in città da quando iniziai a vivere a Milano, non uno che fosse inverno, primavera, estate o autunno: ero più latitante di un bandito sardo nell’Ogliastra. Chi latita per necessità si sposta alla ricerca di nuovi rifugi, io ero sempre alla scoperta di nuovi sentieri, appena ne avevo la possibilità. Ripercorrevo quello che durante la mia infanzia avevo apprezzato in compagnia di mio padre e li ripetevo con varianti che poi negli anni successivi verranno chiamate “varianti Freak” con un nervoso affetto dai miei compagni di pedalate. Immagino i volti dei miei amichetti quando leggeranno queste parole…

Comunque sia, quel Sabato ero rimasto a Milano perché avevo la necessità di recuperare l’ammortizzatore Risse Terminator per la mia B5; senza non sarei andato da nessuna parte, avevo in mente un giro al colle di Valcava, per riscoprire il sentiero 801 che porta a Torre Dè Busi. Mi ero messo a cercare Via Lucillo Gaio su Tuttocittà, non ero molto pratico della zona a quel tempo, unico indizio “zona viale Certosa”… L’unica cosa che conoscevo era la concessionaria auto Bepi Koeliker che imperava scintillante, come le sue auto di lusso e che avrebbe fatto una miserrima fine pochi anni dopo, l’edificio severo in un qualunque anonimo stile teutonico della filiale Bayer Italia, giusto perché quando prendevo la fuga da Milano me lo trovavo all’angolo aspettando il semaforo verde. Per chi non ha vissuto il periodo pre-navigatore Tuttocittà era un fascicolo che veniva recapitato con l’elenco telefonico e di corredo alle Pagine Gialle: quando cercavi un attività commerciale ti affidavi ciecamente a lui, cercavi nell’indice la via poi andavi a sfogliare fin che non trovavi il quadrante di riferimento. Fase due: segnavi l’itinerario a mo’ di roadbook sulla Moleskine e poi andavi fiero come un esploratore nell’Africa nera per la tua strada, confidando sulla bontà della tua scelta. Il primo pomeriggio stava per arrivare, anche perché non ho mai capito quando accidenti inizia: alle 14? Oppure alle 15:30 come la maggior parte delle attività commerciali della operosa Milano? Vampate di calore mi venivano gettate in viso come i coriandoli al carnevale mentre guidavo la moto lungo la circonvallazione, i rivoli di sudore iniziavano a scendere dalla fronte come fiumi in piena dopo essermi lessato prelevando il contante ad uno sportello Bancomat.

Ma ero in ritardo o almeno credevo di esserlo. Persi un sacco di tempo per capire da dove si prendesse Via Lucillo Gaio: lo stradario me la indicava quale fosse una parallela di Viale Certosa, ma non vi era modo di accedere, percorsi su e giù per un paio di volte il viale, fin tanto che orientando lo stradario che per sicurezza avevo riposto nel baule della moto trovai l’ingresso: preso il controviale mi infilai in via Tibullo, incrociai a destra il divieto di accesso a via Lucillo Gaio girai in Via Gallarate, che ai tempi non mi diceva nulla sennonché fosse la via che conduceva ad uno dei cimiteri più grandi di Milano, al semaforo prima del cavalcavia del Ghisallo imboccai via Capodistria e con magno gaudio mi ritrovai in Lucillo Gaio. La via era sonnecchiosamente deserta alle 15:20 circa di un Sabato di Luglio, parcheggiai sul marciapiede augurandomi che l’asfalto non si liquefacesse, buttai il casco nel baule e mi avvicinai al numero 7…

L’edificio dal design classico degli anni settanta ad un piano era equamente diviso in due parti uguali con cinque bocche di lupo messe in sicurezza da robuste inferriate dove sulla prima a sinistra campeggiava una targa con tanto di freccia che guardava in basso a destra con scritto “POSTA” ed altrettante finestre , chiuse in quel momento da serrande grigio austero addolcite da frontespizi rosso carminio accompagnate in un ordine BauHaus da piastrelle dal profilo romboidale grigio chiaro che mi ricordavano il cielo di Milano… Che fosse un omaggio dell’architetto a questa città? Al centro un ingresso con un accesso di alcuni gradini in marmo agli uffici a sinistra, dove una lampada di lucido ottone aggrappata ad una parete di legno color mogano illuminava di sottecchi una porta chiusa da una doppia mandata e da un portone marrone finestrato che non tradiva il suo scopo di ricevimento merci con una porta al centro che come un buttafuori al Plastic attendeva il mio ingresso. Sopra la targa del passo carraio il numero 7 mi confermava la destinazione e sopra un globo blu composto dalla scritta BIFFI al centro e sul fondo bianco AUTO PARTS mi rammentava che non avevo sbagliato indirizzo… Ma la Pro-M? Avvicinandomi al portone vidi il logo ripetuto ed appena sopra una targa adesiva che imparai a conoscere bene nel corso degli anni : Pro-M !

Suonai il campanello e sentii la voce ovattata di un uomo che diceva “Vado io! Vedo chi è…” Sentii una chiave aprire la mandata, la porta si aprì e due occhi cerchiati da un paio di occhiali inforcati su un naso generoso mi scrutavano questuanti: misi a fuoco un viso rubizzo, dovuto al caldo che fuoriusciva dall’interno, con una fronte spaziosa imperlata da piccole gocce di sudore che si allungava verso la nuca non nascondendo un’ incipiente calvizie.
Sfoderai un sorriso e tendendo la mano dissi “ Gianni Biffi? Piacere ho chiamato ieri per acquistare un ammortizzatore Risse, mi sa che sono in ritardo , ma ho fatto un poco di casino qui intorno per arrivare…” L’uomo mi fece entrare richiuse la porta si voltò verso di me e mi rispose: “no… non sono io Gianni, sono un amico di vecchia data, andiamo in bicicletta insieme… Adesso è su in ufficio, aspetta che lo chiamo così scende, immagino conoscendolo che Ti stesse aspettando… Ci diamo del Tu tra Bikers, piacere mi chiamo Daniele”. Mi guardai intorno, la luce che filtrava dai finestroni del portone metteva in chiaro scuro gli scaffali in fila come tanti soldati all’alzabandiera fino a farli dissolvere nel buio, una Subaru Impreza WRC STI nei canonici colori racing con un impressionante tubo di scarico stava in fronte. Appoggiata ad una colonna una Pro Flex 856 rossa di taglia media era accostata ad una colonna. “Non c’è alcun problema, va benissimo, sono Ezio” risposi. Il rumore di un condizionatore era amplificato dallo spazio ampio del magazzino, sicuramente alleggeriva la morsa del caldo in ufficio, ma io sudato lo ero. Se c’è una cosa che odio è non essere presentabile ed in quel caso incarnavo questa opzione… “Ggiannniii, vieni giù!” Daniele si era avvicinato ad una scala alla mia destra che portava ad un ballatoio dove alle spalle si aprivano gli uffici, da una porta a vetri uscì un uomo che appoggiandosi alla balaustra con quell’accento profondamente Milanese e velatamente nasale rispose “Arrivo, scendo subito…” La prima cosa che notai, fu in suo incedere: un passo cadenzato, senza nessuna fretta con il capo leggermente chino a destra. Quando fummo l’uno di fronte all’altro allungando la mano disse: “Gianni Biffi”

“Mi deve scusare, sono in ritardo pensavo di arrivare un poco prima, ma via Lucillo Gaio ha un ingresso non facile, questa è una zona che non conosco… ma ci sono!” Gli strinsi la mano. Indossava una Lacoste ed un paio di jeans al polso un orologio sportivo, un uomo di statura media con una capigliatura corvina foltissima che nascondeva in parte la fronte, mettendo in risalto gli occhi attenti che abbracciavano un naso affilato accompagnando il mento che metteva in ordine il viso, non aveva il fisico di un sciusciamanuber ritenevo avesse una quarantina di anni o poco più. Nella mano sinistra dove spiccava una sottile fede d’oro giallo, teneva stretto un Nokia 9000 Communicator, un gioiello tecnologico… Costava quanto un appartamento in Montenapo si usava dire in quegli anni. “Andiamo il magazzino Pro-M è lì sotto”
“La Pro Flex è vostra?” Gianni si girò e con un mezzo sorriso di scherno rivolto a Daniele che mi stava al fianco disse divertito “No… Qui di cancelli non ne teniamo, abbiamo già quello all’ingresso, basta ed avanza” Daniele non rispose subito, scosse la testa e rise di gusto. Mi pareva fosse molto complice; gli sfottò ci stanno se sei in sintonia, pensai che si conoscessero da tempo. Appena entrati a destra sotto il ballatoio, un piano antiscivolo portava all’ammezzato dove ci attendeva la stanza dei giocattoli. Lo spazio non era grande, in una scaffalatura alla sinistra entrando vi erano disposti attacchi manubrio AC, ricambi, selle , dischi freno ed impianti Pro Stop, ammortizzatori Risse e molle Eibach… Quello che mi colpì era l’ordine con il quale la gamma Mountain Cycle era stata allineata di fronte. Le biciclette stavano come cavalli in parata a distanza preordinata, con la pedivella destra in avanti a centottanta, come se attendessero il segnale per scattare… Le San Andreas declinate in un bianco fatale facevano la parte dei Lipizzani all’ alta scuola di Vienna, la loro grazia stilistica le rendeva uniche! Sembrava fossero lì solo per gli occhi del loro mentore, che le aveva assemblate con dovizia di dettagli… Una cosa mi fu subito chiara: quell’uomo in Lacoste quando mi spiegò su mia richiesta le caratteristiche delle biciclette soffermandosi su ogni più remota minuzia che fosse una saldatura o sui componenti che montava non era un commerciante ma un visionario, era la vittima perfetta di una passione che se lo catturava si faceva spolpare da Lei, un supplizio di Tantalo che ti porta ad andare sempre più alla ricerca di nuovi orizzonti. Pensai che quello era il suo hobby ed avendo forse intuito che aveva altro come attività lavorativa, dava sfogo al suo desiderio di giocare.

“Sei fortunato, in Italia quante AMP RESEARCH ci sono? Mi sa poche, le conti sulle dita di una mano” così proferì consegnandomi il mio ammortizzatore. “In effetti comuni non sono, mi trovo bene quando la pedalo non vedo l’ora di provarlo, sono molto contento, grazie. Domani sicuramente uscirò in bici, voi uscite?” Risalimmo in magazzino, Daniele si avvicinò alla Pro Flex giochicchiando con la forcella Girvin “Gianni domani non abbiamo in programma di andare a Tirano per andare a fare Bernina, Pontresina, Alpe Grum, Poschiavo?” disse mentre stavo per saldare l’acquisto.
“lo conosco benissimo il giro in questione, lo faccio da anni, questo è il momento migliore per andare, i laghi sono incredibili a Luglio.”
Dandomi la fattura, Gianni Biffi mi disse: “se la conosci così bene vuoi venire con noi? Siamo un gruppo di amici e Clienti. C’è anche Daniele con il suo cancello, ci troveremo qui domattina”
“Grazie, ci verrò sicuramente… Sono onorato di questo invito… Facciamo così, vediamoci domattina a Lecco in piazza Cermenati sul lungo lago. ditemi voi a che ora… 7,30 può andar bene? Un posto lo avete per me? Questa sera andrò a trovare i miei genitori, appena finirò di montare l’ammortizzatore…”