Pro-Meide – Ovvero l’ epica al tempo della MTB – Prologo

Pro-Meide – Ovvero l’epica al tempo della MTB
di Ezio “Freakrider” Baggioli
Prologo : tutta colpa di Horst

AMP Research. Immagino che questo nome non evochi nulla alla maggior parte di chi oggi scorrazza in MTB che sia muscolare o assistita. Per chi come me è una cariatide di questo divertimento, poi mutatosi in un affare economico di migliaia di bilioni in qualsiasi moneta voi lo declinate, il suo fondatore Horst Leitner ebbe un intuizione che avrebbe segnato lo sviluppo delle bi-ammortizzate fino ad oggi: brevettò uno snodo sui foderi bassi che svincolava la sospensione dalla frenata, cosa che con i carri monocross e con i carri URT (per chi non ha mai avuto la disgrazia di possedere una bicicletta con tale innovazione ingegneristica degna del Bike Razzie Award, io ebbi per qualche tempo una Klein Mantra tanto affascinante quanto inguidabile), deve sapere che permetteva ampie escursioni per quei tempi fino ed oltre i 150mm fin tanto che si stava in sella: appena ci si alzava per affrontare una discesa, il carro che era solidale al movimento centrale ma svincolato dal telaio trasformava il vostro “feather bed” in una putrella su due ruote. Per fortuna ebbero vita breve e nessuna lacrima sgorgò (ad imperitura memoria) sulle sospensio che imperavano a quel tempo. L’ Horst trasformò la guida da un cocktail di scossoni, imprecazioni e dolori cervicali in un inizio di confort e precisione in discesa e soprattutto sulle salite. Gli anni ottanta furono per lo sviluppo, momenti frenetici con innovatori spesso visionari che arrivarono da un settore in crisi: le costruzioni aeronautiche.

La California era uno stato dove la Silicon Valley non era ancora il cuore economico della regione, la globalizzazione si affacciava nelle americhe con il NAFTA, avevamo il made in Taiwan e le ristrutturazioni industriali negli Stati Uniti iniziavano a cambiare volto al paese.
La rete di fornitori delle aziende costruttrici di velivoli iniziò a vacillare ed il nuovo mercato aperto dalla MTB, permise di riversare le competenze tecnologiche nelle lavorazioni dell’alluminio (la scelta di AL 6061 lega usata fin dagli anni quaranta in campo militare è dovuta solamente alla reperibilità sul mercato ed alla conoscenza dei processi produttivi) e dei componenti quali pedivelle, serie sterzo, sospensioni: la fase 2.0 era iniziata. In questo calderone di competenze si mescolarono l’ardore dei padri del movimento, quali Tom Ritchey, Gary Fisher, Joe Breeze, Joe Murray, Charlie Kelly al raziocinio ingegneristico di Gary Klein, John Parker, Bob Girvin, Doug Bradbury, Horst Leitner, Richard Cunningham (non è il protagonista di Happy Days ma fondatore di Mantis e editore spirituale di MBAction, la bibbia del movimento nel 1986) e la visione più commerciale, rivelatasi vincente di Myke Sinyard anticipato di qualche anno da Richard Burke e Bevel Holl. Qui da un movimento di flowers power ad industrializzare il giocattolo sono passati poco meno di dieci anni.

In quegli anni ero stato tre volte negli Stati Uniti: la prima volta nel 1984, passai un mese a Laguna Beach CA, cittadina sede prescelta di un noto marchio sportivo fondato da Yvon Chouinard Deus della golden age in quel di Yosemite e innovatore del clean climbing. Per me, umile ragazzotto Italiano fu un viaggio catartico: spiagge, surf con tutto il suo corollario dove non ci si faceva mancare nulla. Vidi per la prima volta queste strane biciclette che pedalate dai surfisti annoiati dall’attesa dell’onda perfetta, scomparivano rapidamente lungo i pendii collinari che abbracciano la costa oceanica. Fu un amore travolgente: chiesi al mio ospite Bob, telemarker e surfista che conobbi durante un ravanage selvaggio al Piz Agnell in Engadina, mentre facevo i primi esperimenti di Telemark in fuoripista e da Lui venni soccorso in crisi glicemica, dove potessi trovarne una. Abbiamo la stessa stazza Bob ed io, lui aveva una Breeze, non si chiamavano ancora MTB, la chiamava Klunker. “Uomo, è come sciare Telemark ti butti giù e trovi la tua linea. In salita uguale: sali secondo la tua condizione come quando si fa sci alpinismo, non si sale per arrivare in vetta, lo fai per scendere più velocemente che puoi. Birra ed accessori all’inizio ed alla fine, che altro dirti? Provala e non scenderai mai più di sella…” mai parole furono più profetiche.

Nel 1987 mi abbonai a MBAction di cui ansiosamente attendevo la copia mensile per leggere di quel mondo che qui in Italia appariva sfocato: solo la rivista naturalistica “Airone” nel 1985 usci in prima di copertina con la Cinelli Rampichino, secondo loro la prima MTB prodotta in Italia, ma come scoprii molti anni dopo non era la prima. Forse dal punto di vista industriale, ma qualcun altro a Milano aveva precorso i tempi, ma lo scopriremo a tempo debito. Rapidamente mi passarono tra le gambe bici totalmente rigide, i puntapiedi, la prima front suspended con forcella Rockshox con ben 50 mm di corsa, freni Grafton, componenti Control Tech, la prima bici in alluminio, i primi pedali a sgancio SPD, le prolunghe al manubrio, i caschi ETTO, gli occhiali Oakley Eyeshade, la prima bi-ammortizzata Manitou FS con la corsa esagerata di 80mm F/R. Nel 1992 un incidente in montagna mi mise fuori gioco per quasi tre anni, lasciai la bicicletta e gli sci in cantina, le priorità erano altre in quel periodo volevo riprendere l’uso della gamba destra che mi rese per tutto quel periodo invalido, sognavo di riprendere a sciare Telemark e ero passato alla bici da strada, come strumento di recupero pari alle estenuanti e noiose vasche in piscina. Non ho mai amato il cricetismo ed obbligato a scopo terapeutico ad applicarmi tornai in sella ad una Breeze Lightning, in sano CrMo Tange con forcella Answer Manitou da 50 mm, sui sentieri innevati a La Punt; le Fat non esistevano… Compresi cosa provasse l’Araba Fenice risorgendo dalle proprie ceneri, ero vivo e vegeto. Rincontrai Bob alla seconda edizione della Skieda a Livigno a Marzo del 1996, dove tra una birra, tenda sudatoria e qualche calumet della pace ci ritrovammo a parlare dell’attività estiva prossima ventura.

“Freak, la devi provare credimi. E’ la miglior MTB che potresti pedalare ora, poche balle, lo scrive anche Jimmy Mac e se lo scrive Lui, lo conosci sei abbonato da dieci anni alla sua rivista. Leggi cosa ne pensa Zap Espinosa, sono le colonne d’Ercole del nostro mondo. AMP B3, segnatelo non so se la troverai qui in Italia ma questa è la tua bici.”
In quel periodo cambiavo le bici come i managers di cambiano la cravatta, me la studiai leggendo e rileggendo la prova su MBAction, guardando i freni a disco e le sospensioni, di sua produzione, con una forcella F3 a parallelogramma da 50mm, corsa al posteriore di ben 2,75 pollici che in millimetri sono circa 70 mm. Approfittai di un viaggio di vacanza nei parchi dell’ovest negli Stati Uniti (la mia prima volta a Moab) per far visita a Bob a Laguna dove si trovava ai tempi AMP Research. Sicché tramite Bob feci un incauto acquisto in un noto negozio della zona: tornai in Italia con un telaio B3 in valigia, compreso di freni a disco idraulici a comando meccanico, una summa di miniaturizzazione meccanica. Ne andavo fiero, tutta polish alluminio allo stato dell’arte.
Ero quello che oggi definiremmo Poser… La pedalai abbastanza per capire che quello che arriva dopo è sempre il miglior prodotto.

MBAction era un influencer sottile e faceva leva sull’umano peccato di possedere un giocattolo nuovo, per cui appena presentata la B4 che rivoluzionava l’estetica del prodotto, mi misi alla ricerca di quest’ultima. Scrissi una commovente lettera ad AMP Research che mi rispose in tempi direi brevi, dove mi veniva comunicato che in Sud Tirolo, un parente del CEO tra le altre attività di famiglia aveva intrapreso l’importazione dei telai e componenti, lasciando in calce indirizzo e numero di telefono. Preso dal sacro furore dell’acquisto contattai l’importatore che stava in Val Pusteria, dove avevo parecchi amici legati al mondo del telemark e come sempre non sono mai sei gradi di separazione: conosceva bene una mia amica farmacista. Credo che dopo la mia telefonata dove lo travolsi di parole in libertà, volesse non più essere raggiungibile, ritirarsi in un maso con le vacche, ma fu piacevole ricevere una sua sua telefonata dove mi offriva il primo esemplare europeo, a suo dire, della nuova B5 che avevo visto sempre sulla Bibbia. 120mm di corsa al posteriore, forcella BLT F4 con ammortizzatori minion idraulici corsa monstre di 80 mm, steli del carro in carbonio e triangolo di un bel solar Yellow con torretta reggisella nero opaco. La volli così fortemente che messo giù il telefono prenotai un auto, in quel periodo utilizzavo solo la moto per muovermi salvo noleggiarla per andare a sciare, e andai un sabato mattino a ritirarla, giusto per inghiottire 800km tra andata e ritorno, ma al cuore non si comanda.

Si dimostrò per quei tempi una bicicletta discreta, nonostante la corsa ti facesse pensare ad una schiacciasassi, si palesò essere quella che oggi definiremmo una Trail Bike: non aveva un angolo di sterzo accentuato, abbinato ad un attacco manubrio da centoventi millimetri non ti dava una gran confidenza in discesa, ma a quei tempi non si era ancora evoluto uno standard discesistico, eravamo nel basso medioevo della MTB. I dischi venivano guardati con sospetto, avevamo guarniture a tre corone con cambio ad otto velocità, manubri che quando raggiungevano i cinquecentottanta millimetri erano considerati larghi…
MI piaceva, non c’è che dire, come quelle modelle dai tratti forzati che durante la settimana della moda stravolgevano gli sguardi dei Milanesi allupati all’aperitivo in Corso Como. La trovavo intrigante così snella un poco anoressica, con i contrasti di colore e quella apparente fragilità, che poi tanto apparente non si rivelò.
Infatti la settimana precedente ad una delle Granfondo della mitologia fuoristradistica Italiana: La Via Dei Saraceni in quel di Sauze d’Oulx alla quale ero iscritto, durante un giro a San Genesio in un tratto di discesa l’ammortizzatore passò a miglior vita. Il suo essere anoressico non lo facilitò nel suo lavoro ed io rimasi appiedato… Lascio al vostro buon cuore i possibili commenti che avendo scomodato tutti gli dei dell’Olimpo e non solo, nella loro grazia divina allietarono i cinghiali nella macchia. Sconsolato, decisamente alterato non potei altro che tornare mesto a casa, impugnare la sacra Bibbia della MTB e cercare informazioni. Considerate che la rete non è quella che conosciamo ora, non c’erano tuttologi affermati, forum o pagine dove setacciare informazioni, la carta aveva sempre il suo valore, le riviste anche in lingua italiana erano presenti; Tutto MTB e Bici da Montagna erano le fonti alle quali abbeverarsi, sempre che non avessi un abbonamento a MBAction… Cosi sfogliando compulsivamente trovai la soluzione tanto agognata: in verità il cugino del CEO, da me bombardato da telefonate che avrebbero provocato il suicidio di massa di intere colonie di lemming, mi disse “cerca l’importatore Italiano di un produttore di sospensioni che chiama Risse Racing Technology. Risse fa un ammortizzatore ad aria dedicato che risolve il problema, mi hanno scritto che funziona molto bene. Guarda, segnati l’indirizzo Pro-M di Giovanni Biffi via Lucillo Gaio, 7 numero di telefono 335 29…. Sta a Milano, anche tu se non sbaglio, vero? “

Mi sentii risollevato. Riposi il telefono, cercai con curiosità non morbosa qualsivoglia inserzione pubblicitaria di Pro-M sulle riviste, alla penultima pagina di una copia di Giugno di Tutto MTB trovai quello che stavo cercando. Pro-M importatore Mountain Cycle, Risse Racing Technology ect. ect.


33529…. squilla: al quarto squillo una voce nasale con un forte accento Milanese mi risponde: “pronto?!”
“Buongiorno, Pro-M? Sì, buongiorno mi scusi… Voi siete importatori Risse Racing Technology? Possiedo una AMP B5, ho l’ammortizzatore fuori uso e ne vorrei acquistare uno. Lo avete in casa?”
dopo una breve pausa la risposta.
“Sì, è a magazzino.”
“Benissimo! quanto costa?” eccitato dal poter rimettere in azione la bicicletta, risposi.
“Trecentosessantamila Lire” risposta fu mai cosi cristallina.
“Per ora grazie, lo prendo, posso passare domani? A che ora? Le potrebbe andar bene nel primo pomeriggio? Di chi dovrò Chiedere?”
“Chieda di Gianni Biffi, che sono io… arrivederci”