Pro-Meide – Libro II – Pedalatori e Navigatori per nulla Santi

Libro II – Cap. II

Pedalatori e Navigatori per nulla Santi

Le guerre sono in assoluto la peggior espressione dell’animo umano. Da quando abbiamo memoria storica non so quantificare quante sono state combattute, milioni di esseri umani sono stati cancellati dal pianeta, intere civiltà distrutte in nome della presunta superiorità dei vincitori. I conflitti dalla notte di tempi hanno portato a sviluppare tecnologia per la costruzione delle armi bronzo, ferro e polvere da sparo sono i gradini dell’evoluzione. Nel Mahabarata, saga indiana di oltre 82.000 versi che ne fanno il più imponente poema epico dell’intera letteratura mondiale, Arjuna, figlio del Dio Indra, nella battaglia che cambierà la sua vita e le sorti viene aiutato da Khrisna usando frecce celesti che inceneriscono guerrieri, elefanti e cavalli, l’epica scomoda sempre gli Dei per giustificare il mezzo, ma più terra terra dalle pietre alla bomba H ci sono passati secoli di storia. Ma le guerre non si vincono solo con le armi ma soprattutto con la strategia, dove la conoscenza del territorio dove si va a combattere è determinante per poterne ottenere un vantaggio. La topografia era un arte militare innanzitutto, ma in tempo di pace dall’Impero Romano in poi diventava uno strumento per l’espansione commerciale questo fino al secondo dopoguerra dove le fotografie aeree permisero di avere un quadro dettagliato e veritiero dei territori, soppiantando le mappe militari che gli istituti geografici militari di tutto il mondo avevano redatto e revisionato per anni.

La guerra fredda tra le due superpotenze USA ed URSS, accelerò la ricerca a scopi ovviamente spionistici e la NASA nell’estate del 1971 con gli astronauti dell’Apollo 15 testò un primitivo sistema di navigazione a bordo del Lunar Rover Vehicle per far sì che non si perdessero sulla superficie lunare. Nei successivi vent’anni l’apparato militare Americano attraverso una rete dedicata di satelliti artificiali in orbita dotò le forze armate del NAVSTAR GPS acronimo di Navigation Satellite And Ranging Global Positioning System (gli Americani li adorano ve ne sarete accorti anche in campi più gioiosi quali i sistemi di sospensione delle MTB), evoluzione del Transit, sistema che permetteva alle navi ed ai sommergibili della US Navy di determinare la posizione in mare in qualsiasi condizione meteorologica. Dopo la prima guerra del golfo nel 1991 gli USA consentirono al mondo civile questo servizio con il nome di SPS con ben differenti specifiche da quelli militari che ovviamente erano molto più ricche di precisione e dettagli, non a caso il segnale civile intenzionalmente era integrato da errori che riducevano l’accuratezza della rilevazione.

Infatti per quel decennio di navigatori se ne sentì parlare poco, io nel 1994 ne ebbi un primo assaggio durante una scampagnata sciistica su e giù dai vulcani che costellano l’Islanda dove il nord è drammaticamente influenzato dalla deviazione magnetica: la guida che ci accompagnava ne aveva uno recuperato grazie alla base militare Americana che dagli anni quaranta era lì.
Io abituato ad orientarmi con istinto, bussola e mappe trovai interessante il sistema in quel deserto bianco, salvo accorgermi di questa imprecisione sui punti che arrivava a circa 1000m di raggio, il che mi faceva preferire ancora il mio vecchio modo di navigare. Le cose cambiarono nel Maggio del 2000 quando con un decreto il Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton magnanimo (secondo alcuni detrattori sotto le pressioni di lobbies industriali, ma come sempre sono “solo”illazioni) mise a disposizione la precisione attuale di più o meno 15 metri. Garmin che dal 1989 sviluppava tecnologie per GPS immise sul mercato il GPS 3. Da allora la navigazione nel mondo cambiò, anche per noi pedalatori ovviamente e volete che il nostro dipendente da innovazione tecnologica Gianni non fosse pronto? Eccome se lo era non aspettava altro, questo dispositivo avrebbe permesso la mappatura degli itinerari che nel corso degli anni avevamo pianificato e percorso creando un data base di itinerari ad uso e consumo di dotti e neofiti navigatori, che fu aggiornato per più di quindici anni fino a poter mettere a disposizione 539 tracciati tra Alpi lungo tutto il suo arco, Nord e centro Italia.

Come avete ben capito la tecnologia corre molto più veloce dell’animo umano fin tanto che lo ha reso un attimo obsoleto superato da applicazioni che in modo più immediato sugli smartphone fanno accedere ai percorsi. Per fortuna aveva tempo davanti a sé, quindi aveva un nuovo giocattolo da utilizzare per allietare le uscite del Racing Team che di racing aveva solo la spiccata attitudine alla volata per il ristoro. Nel secolo scorso per fare un percorso prendevi una mappa del IGM (Istituto Geografico Militare anche noi Italiani ci difendiamo per gli acronimi. Cosa pensavate che solo gli Americani li amassero?) 1:25.000 dell’area che ti interessava, controllavi la lunghezza dei sentieri con un righello, il dislivello contando le isoipse e quanto fossero ravvicinate, grazie alla legenda dei segni convenzionali imparavi a riconoscere le fonti di acqua presenti per non morire disidratato ed i rifugi visto che l’obbiettivo era generalmente una grassa fetta di torta o una dissetante Panachè. Per completare il quadro ci mettevi i racconti orali di chi aveva già fatto per appurare che fosse ciclabile e se si aleggiava l’esistenza di linee alternative ti preparavi manco tu dovessi partire per un missione suicida nella giungla Vietnamita.

Primo cambiamento provocato dall’innovazione del nuovo millennio: l’estenuante attesa della triangolazione dei satelliti prima di mettersi in marcia; nonostante l’aforisma di Gotthold Ephraim sostenga “che l’attesa del piacere sia essa stessa piacere”, in realtà era una gran rottura di scatole il dover assistere il risveglio dell’amuleto elettronico: per far sì che si attivasse più velocemente, lo muovevi in una serie di rotazioni che avrebbero insegnato la danza ai Dervisci.
Secondo cambiamento: le macchine fotografice reflex erano in agonia in attesa di passar a miglior vita nel giro di pochissimi anni, le macchine digitali nate solo pochi anni prima avevano prolificato i pixel come i chiodini sui ceppi nei boschi in autunno, quindi avevamo un nuovo strumento per accompagnare le nostre avventure per testimoniare al mondo la nostra esistenza. Gli scatti non costavano più, potevi catturare più o meno tutte le immagini tu desiderassi e cancellare quelle che non ti soddisfacevano. Una cosa che prima potevi fare dopo aver sviluppato la pellicola e visionato gli scatti sempre che tu non avessi bruciato o mal agganciato la pellicola, sorpresa spesso accompagnata dalla caduta di tutti i Santi dal paradiso visto le imprecazioni che ne conseguivano: la Nikon Coolpix 1 entrò a far parte della dotazione necessaria delle gite di Gianni.

Quindi dotato di GPS 3 e di Coolpix non aveva più ostacoli, le pagine del sito avrebbero accolto foto e tracciati come due gemelli eterozigoti e avrebbero creato pagine pubblicitarie che per un decennio furono riconoscibili come pagine Pro-M in compagnia di quel claim nato nel decennio precedente che aveva avuto una serie di fratelli tutti molto simpatici e scanzonati perché noi il Team ed il Presidente “¡ sem minga ciapapùlver !” e per fortuna non ci prendiamo troppo sul serio. Insomma dopo le vestizioni, l’ostensione della digitale sullo spallaccio sinistro dello zaino perché a destra ci stava il catetere del Camelbak ed i riti propiziatori alla ricerca dei satelliti guida, la gita poteva iniziare. Ma un soggetto tutto nuovo era entrato nel lessico del Biker in gita con i compagni di merenda: il Waypoint. Per far capire cosa sia questo sconosciuto è un punto di riferimento utilizzato in qualsiasi tipo di navigazione, in quella terrestre sono coordinate espresse in latitudine e longitudine, tradizionalmente ai tempi del cartaceo si associavano a punti che potessero aiutare la tracciatura del percorso, quali sorgenti, incroci su strade, corsi d’acqua, massi erratici e così via. Con il Gps si entrava nel meraviglioso mondo di Pollicino: qui i waypoint divennero astratti erano come i sassolini lasciati sul terreno del bosco per tracciare un percorso invisibile, quindi mentre ti addentravi nel bosco inesplorato sentendoti come un novello Magellano, ti dovevi fermare per segnare il punto, spesso attendendo che i satelliti si facessero vivi.

Gianni aveva programmato per il Team il giro del Monte Tamaro, un cocuzzolo pelato di quasi 2000 Mt. nelle prealpi Luganesi, una gita che sarebbe diventato un classico come “After Midnight” di Eric Clapton per le variazioni e gli assoli. La salita in parte ti veniva evitata dalla funivia che da Rivera ti porta ancor oggi fino all’Alpe Foppa a più o meno 1600 Mt. di quota lasciandoti gli ultimi 400 Mt. di puro dolore visto le rampe che conducevano alla Capanna del CAS (Club Alpino Svizzero, oggi acronimi come se piovesse) dove una delle migliori crostate ai frutti di bosco delle Alpi ti attendeva sempre generosa pronta ricompensare le gambe di piombo che ti ritrovavi vista la partenza a freddo, come sempre per non tradire la nostra natura godereccia le scelte erano ben oculate. Dopo una fetta di torta ed un bicchiere di Rivella (bevanda Svizzera a base di siero di latte che sta alla Svizzera come il thè con il burro di yak sta al Nepal… Ma la Rivella non provoca assuefazione…) e una serie di scatti fotografici dove eravamo immortalati in pose plastiche che aizzavano il nostro narcisismo, attendevamo il report della gita il lunedì per poter scaricare la foto sulla scrivania del PC e vivere di gloria per tutta la settimana, affrontavamo la discesa in parte comune con la traversata del Monte Lema. In quegli anni per i Bikers era come l’esame di analisi per gli studenti al primo anno di ingegneria, ti dovevi applicare molto per passarne indenne, ci attendeva con molti tranelli.

Il Presidente preso dal suo furore di cartografo digitale si attardava per segnare i waypoint sul tracciato, cosicché ci eravamo allontanati e fuori dal suo campo visivo. In fondo al pezzo più accidentato altro waypoint non troppo astratto sul percorso, una biforcazione senza paline che potessero aiutarti a scegliere il percorso aveva disorientato Gianni, considerato che i telefoni non avevano campo non aveva altra possibilità di lanciarsi a capofitto giù per il sentiero pensando che noi saremmo stati ad aspettarlo sdraiati nella prima radura. Il destino volle che seguendo il nostro navigatore umano avevamo preso a destra salendo visto che ci aveva proposto una variante molto appagante. Mentre noi scorrazzavamo felici, Gianni non vide un grosso buco celato sotto una radice “esplodendo” rovinosamente in avanti. Rialzatosi, si accorse che questa volta non gli era andata bene del tutto… La clavicola si era spezzata, nello stesso punto di frattura di quando si smaterializzò in sella ad una Honda CR250 da cross. Qui però non era in un crossodromo si trovava in mezzo ad un bosco! Dolorosamente cerco di bloccare la spalla con gli spallacci del Camelbak e scendendo a piedi raggiunse una baita dove i proprietari stavano giocando a ping-pong. Gianni con voce fievole disse “Scusate, vi chiedo una cortesia mi portereste al parcheggio della funivia a Rivera?” I due lo guardarono con sospetto, lui si aprì la maglietta mettendo in mostra la clavicola che aveva preso la forma di un attaccapanni. “Oh Signuuuuuurrrrr” fu l’unica cosa che dissero e lo scaricarono davanti a noi che stavamo tanto per cambiare prendendolo in giro per la sua nuova attività di tracciatore.

Questo incidente non affievolì la voglia di condividere i tracciati Gps sul sito, che anzi ebbe dopo la sua guarigione una crescita esponenziale precettandomi spesso come scout e dopo più di vent’anni di escursioni riesco ancora a proporre nuove tracce… Pronte ad essere memorizzate dal Presidente.
P.S. : Vi devo confessare che io ho lo stesso approccio con il navigatore di quello che ho con la pentola a pressione in cucina, ne faccio a meno tanto lo porta Gianni.