Pro-Meide – Libro IV – I Meccanici – quelli bravi – sono come sono, sono quel che sono…

Libro IV – Cap. I

I Meccanici – quelli bravi – sono come sono, sono quel che sono…

“Gianni vu in pesiùn, sun stràch de laurà” gli disse Daniele ancora una volta, togliendosi gli occhiali appena tolta dal cavalletto una El Guapo pronta per essere consegnata a Gianni che, tra un’incursione al 108 in Via Gallarate e le faccende che in quel periodo tra commercialisti ed avvocati, avrebbe avuto la sua dose quotidiana di Malox. Aveva nello Store la sua grotta da eremitaggio circondato da quello che più lo rilassava, le sue creature su due ruote. Il fatto che il Chirurgo era stanco e ne avesse ben donde, era un fatto conclamato da tempo: tutto stava cambiando ad una velocità alla quale non era possibile sostenere lo stesso ritmo, soprattutto per chi era cresciuto con i tempi della perfezione sottolineata nella cura dei dettagli e inventiva artigianale. “Voglio prendermi il mio tempo, Gianni. Abbiamo lavorato sempre bene nonostante tu sia un rompiscatole di rara fattura, ma sempre facendo cose egregie… Adesso che starai nel negozio nuovo io non sono uomo da trasferirmi in mezzo al bailamme, rimarremo sempre amici e se avrai bisogno di me una mano te la potrò dare sempre in futuro, ma di impegnarmi non me la sento proprio.”

Gianni sapeva in cuor suo che sarebbe arrivato questo momento, dopo più di cinquant’anni di frequentazioni e tredici di fruttuosa collaborazione ci poteva stare. Provava in quel momento la stessa emozione che il tifoso ha vedendo alzare le braccia al cielo per dare l’ultimo saluto alla curva prima di appendere gli scarpini al chiodo. Si era chiusa un’epoca e come è giusto che sia un’altra si sarebbe aperta, non possiamo pensare di attendere: ogni azione è nel presente, non appartiene al passato e non al futuro, la devi fare se vuoi mettere le basi delle azioni che gestiranno il futuro presente: non conosco molti altri che applicano questo pensiero buddhista come lo fa Gianni, vuoi che stia scontando una vita precedente? “Oscar, è arrivato il momento che Tu mi venga a trovare. Domani Ti va bene? Mi hanno detto che hai rassegnato le dimissioni, quindi sei libero o mi sbaglio ?” Oscar C. aka “Pota”, soprannome che fa intendere senza ombra di dubbio essere natio della terra di Arlecchino, Brighella e della polenta bramata, aveva il fiatone quando rispose al telefono mentre stava correndo su e giù dal Monte Canto Alto facendo una numero infinito di chilometri per sfiatare le decisioni prese sul lavoro che premevano come i bar di una pentola a pressione, non si sarebbe mai più aspettato una chiamata da parte di Gianni per un colloquio di lavoro.

Si conoscevano da parecchio tempo, il loro primo incontro in MTB avvenne durante una sortita alle Rive Rosse dove aveva avuto a disposizione una Santa Cruz Blur da testare in quell’occasione. Era stato invitato da Gianluca Bonanomi “Il Bona” suo comandante in capo nel negozio nella Brianza nord di Milano dove stava lavorando da tempo, per una gita con quelli di Pro-M. Il Bona gli aveva sempre descritto la personalità di Gianni come quella di un artista visionario, che si faceva prendere talmente tanto che a volte rasentava l’ossessione per le sue creature: pur conoscendolo da anni ormai lo vedevo tanto rapito dalle sue bimbe dalle ruote grasse che non mi sarei stupito sentirlo esclamare “perché non parli?” Contemplando le rifiniture lì sul piazzale antistante il cimitero di Brusnengo quest’aspetto colpì tantissimo Oscar che vedeva nel suo modo di intendere il prodotto, quello che aveva sempre sognato e dove lavorava ormai da cinque anni non vedeva spesso. Lo sapete indifferenti non si rimane alla visione di Pro-M, la personalità di Gianni è così marcante che interagisce con tutto, che sia il mezzo, la scelta dei percorsi e soprattutto con chi trova empatia.

Oscar sono convinto abbia tatuato sotto il profilo della Dea Atalanta la dicitura “sta cito e laura”, perché il fatto di misurare le parole e usare molto di più le mani ha fatto sì che decidesse come sempre per una casualità, di intraprendere la professione di meccanico cosa che non faceva parte dei piani che i genitori fanno per i propri figli. La scelta la fai non tanto perché vuoi fare una vita comoda magari con un posto sicuro, lo fai per la passione che ritrovi in attività in cui ti trovi immerso tanto da dimenticare il tempo quasi fossi colpito da embolia gassosa mentre esplori la profondità. Oscar che mi immagino adolescente con una capigliatura degna di Napo Orso Capo visti i folti ricci che lo contraddistingue ancor oggi, un fisico caparbio dominato da un naso importante che annusava tutti i profumi dei boschi dove si perdeva in sella alla sua prima MTB, una Stumpjumper grigia con le decals arancioni ai tempi totalmente rigida che uno zio gli aveva dato in uso. Non credo che avesse tanta voglia di diventare ragioniere e trovare un impiego alla Banca Popolare di Bergamo ancor meno, la passione che ardeva quando si dedicava alla montagna che fosse invernale od estiva aveva preso il sopravvento e finita la scuola superiore di iscrisse all’ISEF seguendo quello che meglio si adattava alla sua indole taciturna ed un poco introversa tipica di tutti gli om selvàdegh che popolavano le storie che da bimbo mi venivano raccontate da un vecchio inselvatichito che stava in una baita di sassi sotto il monte Tesoro con un lupo addomesticato a fargli compagnia.

Mentre studiava, si arrabattava tra qualche lavoretto legato al suo corso di studi si occupava di psicomotricità, presciistica e l’allenatore di pallavolo e durante i vuoti lasciati si lanciava a far visita in un negozio nella Bergamasca gestito da Paolo un ciclista punk figlio di Gianluigi Stanga icona dei direttori sportivi delle squadre dei professionisti della strada chiedendogli, essendo un ciclo dipendente, di poter seguire il lavoro meccanico che lui faceva sulle biciclette. Le situazioni sono come le porte scorrevoli, si aprono una dietro l’altra: dopo aver carpito qualche lezione chiese di poter andare a vedere da dentro qualche competizione, cosa che fu la naturale conseguenza per il Johnny Rotten della ciclo meccanica che aveva accolto Oscar. In questo contesto fatto di atleti osannati ed oscuri meccanici conobbe Tullio P. capo meccanico del team capitanato da Stanga padre, con il quale ebbe subito quell’ approccio che coinvolge l’allievo al maestro: Oscar non se lo spiega ancora adesso che cosa avesse visto in lui il suo futuro padre putativo quando gli disse con pochi giri di parole “Oscar, senti… devi fare il meccanico, qui con me.” La porta scorrevole del treno delle opportunità si aprì chiudendosi poi alle spalle di Oscar facendolo diventare negli anni successivi un meccanico in una squadra di ProTour. Furono anni importanti per Oscar che fu formato da Tullio per affrontare il mondo frenetico delle corse, dove il margine di errore, ogni dettaglio deve essere al suo posto senza remissione di colpa, non esiste. Dove dal tuo lavoro dipende il risultato di una competizione anche se nessuno saprà mai chi ci sta dietro le quinte: questo aspetto sarà il collante del suo rapporto che anni dopo andrà ad instaurare con Gianni.

Gianni non si era mosso per caso, sapeva della considerazione che Oscar godeva da parte del Bona che lo aveva accolto a lavorare, dopo un orrenda parentesi in un negozio in quel di Cinisello Balsamo nella quale si trovò dopo aver cessato la vita randagia del meccanico Pro Tour visto che la famiglia lo reclamava nel ruolo di padre. La palestra fatta nell’officina di un grande negozio che offriva tutte le categorie merceologiche del ciclo, fu decisamente cambio di vita, ma l’approccio che il maestro Tullio gli aveva insegnato, spiegato come il Dharma da un monaco Buddhista, fece sì che trovasse la sua via.

Dopo quel giro alle Rive Rosse dove incontrò ancora una volta l’uomo del destino, incuriosito andò a trovarlo in negozio in via Principe Eugenio curiosissimo di veder come fosse. Quando vide cosa c’era esposto e come era determinata la posizione di ogni bici ed accessorio, ebbe l’impressione che quello non fosse un negozio di biciclette ma qualcosa che travalicava il prodotto in quanto tale: la visione che era la sua stessa passione lo aveva condotto ad intraprendere quella via. Pensò che sarebbe stato un ulteriore passo in avanti nella conoscenza poter accedere ad un lavoro con Pro-M, ma non si sentiva pronto, forse perché selvatico com’è non amava di sicuro mettersi in mostra, nei boschi si osserva prima di muoversi sapendo che ci sono altri conoscitori più esperti. Era talmente rapito da quel concetto che non riuscì a trovare le parole giuste quando Gianni gli regalò un paio di magliette appena prima di lasciare il negozio, non immaginava lontanamente che sarebbero passati non troppi anni dalla telefonata che lo avrebbe portato a salire su quest’altro treno.

Oscar era conscio che accettando il ruolo che Gianni gli avrebbe offerto il giorno dopo, avrebbe coronato il sogno di quando a diciassette anni aveva inforcato la prima MTB, cosa che avrebbe fatto di lui il nuovo braccio meccanico di Gianni che sarebbe stato il suo maestro ispiratore, anche se come spesso dice incapace anche di cambiare una camera d’aria e di non saper usare le mani, che avrebbe dato modo di seguirlo in quelle creature che erano figlie delle sue visioni oniriche. Si sarebbe messo al suo fianco rispettando sempre il suo maestro ma i meccanici – quelli bravi – sono come sono e sono quel che sono per cui preferiscono lasciare l’avanscena giustamente a chi da primo attore porta avanti la compagnia perché sono Arlecchino e Brighella allo stesso tempo nella commedia dell’arte di assemblare una bicicletta.