La vera rivoluzione non sono i cambi interni ma i gruppi Sram T-Type Transmission !!!

27 Mar 2024

Scritto da Gianni Biffi il 27 Marzo 2024 .

 

Il titolo non è provocatorio ma semplicemente una realtà , ma andiamo con ordine . Da più di 20 anni sento parlare di cambi interni al mozzo e oggi interni ai motori che saranno la vera rivoluzione nel ciclismo e nelle E-bikes , ma sino ad oggi il vecchio e buon deragliatore posteriore continua ad equipaggiare il 99,9 % delle MTB ed E-MTB . Nel mondo moderno 20 anni sono un periodo di tempo lunghissimo e se non esistono ancora sistemi interni di cambiata , secondo il mio modesto parere , non è perché gli ingegneri si sono addormentati ma bensì perché i limiti dei sistemi di cambiata interni sono evidenti e pressochè irrisolvibili se paragonati alla classica cambiata con la buona e vecchia catena e il buon vecchio deragliatore su di una biciclettta or E-MTB .

In due parole posso riassumere questi limiti con PESO e ATTRITI . Infatti qualsivoglia sistema interno di cambiata con ingranaggi ad oggi progettato prevede degli ingranaggi in bagno d’ olio che oltre ad aumentare il peso di circa 1 chilogrammo produce attriti nettamente superiori a quelli della classica catena sul pacco pignoni e la corona anteriore . Se mi sbaglio , dato che noi umani siamo tutti portati a sbagliare o a non conoscere tutto il sapere del mondo , Vi prego di segnalarmi dove sbaglio .

Ma oggi esistono sul mercato i nuovi gruppi Sram T-Type Transmission che personalmente uso ormai da quasi un anno e ho percorso quindi con essi sicuramente più di 5.000 chilometri in montagna . Se siete interessati a sapere perché considero i gruppi T-Type Transmission la vera rivoluzione attualmente del settore MTB o E-MTB potete leggere la nostra first ride e i miei primi dubbi sul sistema T-Type Transmission qui e in seguito le mie impressioni dopo averli usati correttamente e per un periodo più lungo ancora qui .

Tralasciando gli indubbi vantaggi nella fluidità di cambiata anche sotto sforzo , che penso di aver ben descritto nelle prove linkate qui sopra , vorrei sottolineare che questi deragliatori posteriori sono dotati di un sistema a frizione (semplifico così per facilità di comprensione che il deragliatore possa rientrare verso l’ interno in caso di caduta e poi riposizionarsi automaticamente dove deveva essere) che elimina quasi totalmente la possibilità di rottura del deragliatore stesso e/o del forcellino del telaio che del resto non esiste nemmeno più con i gruppi Transmission . E anche se dovesse rompersi qualche cosa nel deragliatore sappiate che per la prima volta nella storia del ciclismo vengono forniti tutti i ricambi possibili rendendo così il deragliatore ricostruibile senza la necessità di doverlo cambiare interamente .

Se poi a questo aggiungete che la gamma ormai è abbastanza ampia e probabilmente si amplierà ancora verso la fascia bassa di prezzo , che eliminate guaine e fili perché è con comandi bluetooth , che è preciso nella cambiata come pochi altri (non veloce come scritto nelle prove) direi che ci sono tutti gli ingredienti per non farVi più pensare ai cambi interni .

Qualche difetto comunque dovete pur sempre considerarlo come in tutti i prodotti del mondo : la rumorosità di cambiata c’ è e si sente in alcune occasioni come detto nei test , la batteria va comunque controllata spesso ed eventualmente ricaricata e infine il difetto più grosso forse è che la gabbia del cambio è abbastanza lunga e interferisce più facilmente con eventuali ostacoli del terreno .

Dierei che ho detto più o meno tutto e spero di non averVi annoiato , grazie per l’ attenzione !

 

 

Gruppo Sram XO Transmission – Impressioni dopo parecchi Km di utilizzo in E-MTB

12 Lug 2023

Scritto da Gianni Biffi il 12 Luglio 2023 

 

Dopo la prima presa di contatto di Aprile che potete leggere qui e che ci aveva lasciati leggermente perplessi abbiamo proseguito a usare il sistema Sram Transmission o T-type su altre E-MTB che ci sono capitate in test in questi mesi .

Dobbiamo dire che i primi test di fine Aprile erano stati effettuati utilizzando una corona anteriore normale e non del sistema Transmission poiché le corone stesse e i gruppi per E-MTB non erano ancora disponibili e ad oggi la situazione in Sram purtroppo è ancora molto difficile a livello di disponibilità . Il responsabile dei nuovi gruppi Transmission di Sram mi aveva comunque inviato una e-mail informandomi appunto del fatto che se tutti i componenti del gruppo non fossero stati allineati si sarebbero potuti creare dei malfunzionamenti e sinceramente non pensavo che la solo corona anteriore avesse potuto causare questo ma ho dovuto poi ricredermi con l’ utilizzo del gruppo completo : l’ uomo si migliora solo attraverso mille dubbi (cit.) 😉

Infatti mi è ora chiaro che se la catena non entra perfettamente nei denti della corona e del pacco pignoni il sistema non riesce a riconoscere perfettamente il momento di cambiata perché dovete sapere che la cambiata avviene sempre e solo quando il sistema si trova in una certa posizione della catena sul pacco pignoni e se la catena non entra perfettamente nei denti della corona il sistema non riconosce esattamente in punto in cui deve avvenire la cambiata . Spero di aver chiarito con parole il più semplici possibili a tutti Voi il perché l’ utilizzo di corona, pacco pignoni catena e comando Transmission siano indispensabili per il buon funzionamento del gruppo .

Chiarito questo nostro errore iniziale e l’ importanza di avere tutti i componenti allineati veniamo ora alle nostre impressioni dopo un utilizzo abbastanza intenso del gruppo in questione . Possiamo tranquillamente confermare che la cambiata e soprattutto le cambiate multiple sulle E-MTB – possibili solo schiacciando più volte il comando – sono più lente che con un gruppo AXS non Transmission dato appunto che è il sistema stesso a gestire i tempi della cambiata in base a dove si trova posizionata la catena sulla dentatura del pacco pignoni ma sinceramente ciò non ci ha mai causato alcun problema per il nostro uso ludico della E-MTB .

Riguardo invece la possibilità di cambiata sotto sforzo dobbiamo ricrederci nel senso che la cambiata mentre si è in spinta sui pedali è sicuramente possibile e quasi sempre questo avviene velocemente e senza particolari rumorosità . Solo in alcuni saltuari casi si ha una rumorosità leggermente superiore al normale , solitamente a basse rotazioni e velocità , ma la sensazione di fluidità di cambiata anche sotto sforzo rimane comunque ben presente .

Il comando a manubrio wireless che all’ inizio lascia perplessi per il suo posizionamento , diverso da quanto a cui noi tutti siamo abituati , è invece estremamente facile e funzionale da usare e dopo poche cambiate diventa realmente intuitivo e pratico .

Ho avuto anche occasione di urtare la gabbia del cambio Transmission e ho chiaramente avvertito lo spostamento verso l’ interno del cambio stesso e il suo ri-posizionamento quasi immediato sulla corona corretta come Sram ha comunicato a tutti noi e questo immagino salverà il cambio in caso di urto e ancor di più di cadute !

A questo punto , con la presentazione del GX Transmission di ieri e il completamento quindi della gamma verso il basso , personalmente vorrei avere un gruppo Transmission su ogni mia futura bicicletta sia essa tradizionale che E-MTB 🙂

 

 

Prime impressioni gruppo Sram XO Transmission (NEW) VS Sram XO1 AXS (OLD)

02 Mag 2023

Scritto da Gianni Biffi il 30 Aprile 2023 .

Il primo di Aprile dopo che il nuovo gruppo Transmission di Sram era stato presentato il 22 Marzo del 2023 scrivevo sulla nostra pagina Facebook :
“NEW Sram Transmission: it’ s a real game changer ? 👀 🤔 💥
Dalla prossima settimana avremo già qualche idea in merito ✔️ 👌 🎸
Stay tuned !!!”
Per evitare di essere accomunato a chi copia i cataloghi e basta ho lavorato un pochino – siamo ancora ben lontani da una prova completa – sul nuovo XO Transmission e poi per essere ancor più certo delle prime sensazioni avute sono salito su un’ altra E-MTB con gruppo XO1 AXS della generazione precedente .
Cosa dire ?
Sicuramente il nuovo cambio Transmission sembra molto più robusto (e leggermente più pesante) del vecchio ma per avere una reale idea di questo bisognerà attendere che il mercato lo usi per benino e si possano verificare eventuali problematiche .
La cambiata è sicuramente più fluida con il nuovo Transmission ma non mi sembra essere più veloce .
La cambiata sotto sforzo , promessa da Sram , è possibile ma con una rumorosità evidente deil salto di catena da un ingranaggio all’ altro che mi lascia un filino perplesso sulla durata dei vari componenti .
La cambiata multishift non è permessa nell’ uso E-MTB con il nuovo Transmission e quindi se si schiaccia più volte il comando il sistema praticamente ritarda la seconda ed eventualmente la terza cambiata automaticamente rendendo il tutto un pò più lento se paragonato al cambio con comando AXS attuale .
Sarà vera innovazione ?
I dubbi al momento restano ma solo il tempo ci potrà dare più informazioni in merito 😉
Sicuramente continueremo ad usare ambedue i sistemi e scriveremo quindi una reale prova solo molto più avanti quando sia noi che altri Utenti avranno accumulato l’ esperienza sul campo necessaria per avere delle certezze 😉
Per finire la domanda che tutti ci fanno : lo compreresti ? Devo confermare che ad oggi il nuovo Transmission è il cambio della gamma Sram che monterei volentieri sulle mie biciclette se non considerassi il prezzo ad oggi ancora elevato .
Stay tuned !!!

 

Le ruotone hanno vinto !!!

09 Dic 2022

Scritto da Gianni Biffi il 9 Dicembre 2022 .

 

Era il 10 Dicembre 2006 quando la prima MTB full suspended con ruote da 29″ moderna – tralascio i tentativi del buon Gary Fischer che aveva intuito i vantaggi delle ruote grandi ma non aveva potuto realizzare telai specifici per quelle ruote – arrivava sui sentieri Italiani grazie all’ amico Tony Ellsworth : si chiamava Evolve . Da allora di strada se ne è fatta tantissima e oggi possiamo affemare con certezza che la guerra dei diametri ruota è stata sicuramente vinta dalle ruote grandi da 29″ . Io già nel lontano 2006 sostenevo , dopo la prima prova ai Corni di Canzo (foto originali di quel giorno illuminante per me) , che non c’ era partita e che avrei voluto avere una bicicletta da downhill con quelle ruote grandi !!! Tutti mi hanno dato dell’ incompetente o del pazzo – come sempre – dicendomi che la cosa era irrealizzabile e che non ci sarebbe stato nessun vantaggio reale ma oggi , a 17 anni di distanza , posso dire che avevo ragione io 😉

Infatti numeri alla mano anche un survey report di un noto magazine ci conferma che le 29″ si attesteranno nel 2022 poco al di sotto del 60% delle scelte dei Bikers mentre le 27,5″ e le MX sono ambedue al di sotto del 20% . Praticamente spariti gli altri formati quali 26″ , 27,5″+ , 29″+ e Fat .

Chiunque ha provato oggi le ruote da 29″ , in tutti gli ambiti o quasi del nostro sport , ha subito percepito dei benifici immediati come lo scavalcamento dell’ ostacolo e il mantenimento della velocità acquisita tra i tanti ma allora la mancanza di accessori quali forcelle , gomme e quant’ altro era un limite che oggi è stato ormai superato . Inoltre l’ avvento di sempre più materiali dedicati e il design in cui tutti Costruttori si sono impegnati sia dei telai che delle sospensioni posteriori hanno permesso l’ uso delle ruotone in tutti i campi . Poi negli ultimi anni le forcelle con offset differenti , reach sempre più lunghi e attacchi manubrio sempre più corti hanno dato alle 29″ maggiore stabilità e handling che nel lontano 2006 sembrava impossibile ottenere se non dal gruppetto limitatissimo di visionari avanguardisti a cui ho l’ onere di appartenere .

Dal cross country al downhill tutti hanno potuto beneficiare del vantaggio che io avevo percepito già 17 anni fa … La storia continua … Stay tuned !

First ride gomme Michelin Wild Enduro Racing Magi-X DH 29 X 2.40

11 Lug 2022

Scritto da Gianni Biffi il 10 Luglio 2022
Come molti di Voi avranno avuto modo di vedere nei nostri post dell’ ultimo periodo sui vari social abbiamo avuto l’ occasione di provare per qualche centinaio di chilometri le nuovissime Micheln Wild Enduro Racing anteriore e posteriore sulla nostra Rocky Mountain Altitude C70 PowerPlay , E-MTB molto ben bilanciata e godibile in tutte le condizioni e tipologie di terreno . Sin dal primo momento di utilizzo ci siamo subito resi conto della precisione di guida delle Wild Enduro Racing grazie a una carcassa particolarmente rigida – anche se non raggiunge i livelle delle sorelle DH 22 e 34 – ma sicuramente superiore a ogni altro pneumatico da noi provato sul mercato .
La mescola da 40 shore poi conferisce alle stesse un grip e una tenuta su terreni asciutti veramente da riferimento ! Insomma un’ accopiata di gomme per uso racing forse non per tutti dato il minor confort che conferiscono nell’ assorbimento degli urti e di conseguenza nella guida . In ogni caso se cercate  pneumatici molto robusti e precisi per uso Enduro da asciutto penso queste siano il riferimento assoluto ! Il peso di circa 1390 grammi è allineato alla tipologia costruttiva e al tipo di utilizzo . La qualità costruttiva è ai massimi livelli sul mercato tanto che gonfiate a pressioni di 1 bar e anteriore e 1.4 bar posteriore (usiamo sempre gli inserti) dopo ben 8 giorni in giro sulle Alpi e 6 giorni di utilizzo non hanno perso pressione !!!
Ho anche avuto l’ occasione di provare le gomme sotto una leggera piogerellina e quindi con terreno umido e non ho riscontrato problema alcuno anche con queste condizioni . Certo bisognerebbe provarle meglio sul bagnato vero … Ma quest’ estate calda e afosa per il momento non ci ha fornito questa opportunità anche se devo dire che trattandosi di gomme racing esiste per questo uso specifico una versione mud nella gamma che sarà sicuramente da preferire …
Veniamo a un primo giudizio espresso con voto da 1 a 10 per dare sinteticamente un’ idea delle mie impressioni su questi pneumatici :
Tenuta e conduzione sull’ anteriore : 9
Grip : 10 ( il posteriore in salita è veramente incredibile !)
Grip su terreni bagnati : non valutabile
Fango : non valutabile
Scorrevolezza : 8 (anche su asflato non sono poi malaccio … Ovviamente una mescola più dura al posteriore darebbe maggior scorrevolezza ma anche minor grip 🙂 )
Time attac : 9
Durata : da valutare meglio . Dopo circa 300 Km non presentano comunque segni di usura eccessiva
Precisione di guida : 9
Resistenza ai tagli : 8
Confort (risposta elastica) : 7
Totale : 60 su 70
Ovviamente il test continua alternando l’ utilizzo di questi pneumatici con altri per poter meglio valutare i pro e i contro su tutti i tipi di terreno . Per certo possiamo dire che su terreni asciutti in ambito race hanno veramente pochi uguali !
Stay tuned 😉

MTB – E-MTB – E-MTB super light : quale scegliere ?

13 Mar 2022

Scritto da Gianni Biffi il 13 Marzo 2022 .

 

Questa 10° settimana del 2022 ci ha permesso di usare in rapida sequenza tutte le tipologie di MTB oggi disponibili sul mercato : la stessa faccia dello stesso divertimento ?

Quindi in ordine temporale prima uscita con le E-MTB super light , un segmento ancora poco conosciuto del mondo E-MTB . Poi a seguire una Enduro tradizionale (muscolare per i più) come la nuova Cannondale Jekyll : una creatura meravigliosa e per finire le ben più conosciute e oggi diffuse E-MTB a motore pieno con peso altrettanto pieno .

Per rispondere alla domanda iniziale posso sicuramente confermarVi che – IMHO – è proprio così : per chi ama la montagna su due ruote sia essa con l’ aiuto o senza il divertimento è sempre lo stesso ! Bellissimi boschi , panorami incredibili , discese più o meno tecniche dove mettere alla prova se stessi e il mezzo e salite più o meno dure da fare in sella o meno . Quindi Vi domanderete perché scegliere una , l’ altra o l’ altra ancora . La risposta è abbastanza semplice ma solo Voi stessi sarete in grado di risponderVi perché la risposta è soprattutto nel Vostro approccio con il tempo da impiegare , la Vostra voglia di divertirsi e in che modo !

Ma andiamo con ordine : E-MTB SL (super light) . Esistono diverse tipologie anche di SL dato che l’ industria oggi fa di tutto per soddisfare ogni nicchia pur di vendere qualche pezzo in più 😉 La prima è stata la Levo SL che ha creato questo segmento con un motore leggerissimo , molto efficiente nei consumi ma con potenza e coppia più limitati di altri e con una batteria da soli 320 Wh dati i bassissimi consumi . Poi esistono prodotti con motore normale ma cassato nella coppia (senza senso secondo me perché si può ottenere lo stesso risultato usando l’ APP del motore) e infine prodotti con motore normale ma a potenza piena e batteria più piccola delle sorelle maggiori che in ambedue i casi consumano comunque sempre e più della SL in base ai settaggi delle assistenze che si imposteranno . E’ una scelta azzeccata ? Forse per chi non è allenato e deve uscire con degli Enduristi tradizionali è la scelta migliore … Non credo sia così per chi invece dice “ce la faccio ancora” ma un aiutino per uscire con gli amici con la MTB elettrica piena sarebbe utile : ricordateVi sempre che Vi gireranno comunque intorno in salita date le maggiori potenze e/o capacità della batteria quando e come vorranno ! In discesa poi il peso – compreso tra i 17 e i 20 Kg. – non Vi darà mai un vantaggio tale da farVi dimenticare l’ agilità della All mountain / Enduro tradizionale .

MTB tradizionale da Enduro : se userete questa tipologia di bicicletta – a condizione di usare un prodotto di recente costruzione – in discesa avrete sicuramente tanta maneggevolezza e grandissimo divertimento quanto e più di una E-MTB che comunque sia risulta più pesante e impacciata nelle manovre anche se anch’ essa divertente . Ma la grande differenza sarà nei tratti in salita dove a parità di allenamento impiegherete quasi il doppio del tempo per salire e in alcuni tratti sarete addirittura costretti a spingere o a rinunciare a salire dove invece salireste con delle E-MTB ! Inoltre non dimenticate il fatto che un motore Vi darà una tranquillità psicologica di poter comunque salire e arrivare in cima meno stanchi e quindi divertirVi di più in discesa 😉 Chi userà quindi queste MTB ? Gli atleti amatori o agonisti che siano , chi ama principalmente il fare fatica oppure chi predilige i bike park e/o le risalite meccanizzate : in questi casi è la scelta sicuramente preferibile .

E-MTB a motore pieno e peso pieno : si parla di E-MTB con un peso dai 20 ai 28 Kg. con batterie di grandi capacità – si può arrivare sino a circa 1000 Wh – che hanno conquistato una vastissima schiera di Riders in questi ultimi anni . Si sale in fretta facendo lo sforzo che si decide di voler fare , dato che ricordateVi sempre che bisogna comunque pedalare e spingere almeno un pochino per azionare l’ assistenza del motore , e poi si scende divertendoVi come sapete fare . Come detto non sono maneggevoli e prestanti come una Enduro tradizionale di ultima generazione ma permettono comunque un grande divertimento anch’ esse . Sono oggi la scelta più diffusa perché ovviamente permettono a chiunque abbia un minimo di capacità di guida , di conoscenza della montagna e del mezzo di fare percorsi adatti al proprio livello di capacità e divertimento con una fatica controllata .

Come detto sopra concludo con la risposta più ovvia : solo Voi stessi sapete cosa volete fare , quanto e come avete voglia di fare fatica e come amate di più divertirVi ! Quindi decidete autonomamente su cosa sia meglio usare / acquistare e andate in montagna a divertirVi !!!

 

Test sistema di telemetria Mind di Mondraker

07 Mar 2022

Scritto da Gianni Biffi il 7 Marzo 2022 (Chilometri percorsi circa 50 , periodo di prova circa 120 giorni).

Sin da quando ho ricevuto la prima Mondraker Crafty RR Carbon 2022 a Novembre 2021 , il sistema di telemetria denominato Mind da Mondraker mi aveva molto incuriosito . Per i meno pratici di MTB un sistema di telemetria delle sospensioni è un sistema che rileva il lavoro delle sospensioni in un determinato tratto del percorso e Mondraker ha deciso di montarlo su tutte le sue MTB e E-MTB d’ alta gamma in carbonio .

Il sistema è costituito da un magnete e da un ricevitore che in base allo spostamento verso il basso degli steli forcella e ammortizzatore misura la corsa degli steli stessi (fig. 1) . Al posteriore questo viene rilevato da un inclinometro e , a differenza della forcella dove la corsa dello stelo è pari alla corsa alla ruota essendo la forcella stessa telescopica , il valore letto deve essere moltiplicato per il rapporto di leva della sospensione che è di 2,3 . In pratica se l’ inclinometro rileva una corsa dell’ ammortizzatore di 30 mm significa che la corsa della ruota sarà di 69 mm alla ruota poichè il leveraggio progressivo del sistema Zero® applica appunto questo coefficiente (fig. 2) . Devo dire che all’ inizio era tutto corretto nel rilevare la corsa dell’ ammortizzatore posteriore ma non veniva tenuto in conto questo rapporto di leva . Dopo lunghe , e devo anche dire inutili discussioni grazie all’ intervento anche di D.S.B. , in Mondraker hanno provveduto a sistemare il tutto e ora il nostro Mind rileva la corsa alla ruota in maniera corretta .

I dati rilevati vengono poi trasmessi al nostro telefonino , tramite un’ antenna posta sotto il tubo di sterzo , a l’ interfaccia di un’ APP denominata MY Mondraker e di conseguenza a un cloud di Mondraker dove vengono elaborati e generano quindi mappe del percorso , grafici e quant’ altro necessario . Il sistema è abbastanza intuitivo per chi “smanetta” normalmente tra le varie APP ma potrebbe mettere in difficoltà un neofita ; del resto una telemetria è destinata ad un pubblico già evoluto e questo in Mondraker ben lo sanno 😉 Devo fare notare che per fare partire la registrazione di un tratto è comunque necessario fare il fix dei satelliti tramite il sistema GPS del Vostro telefonino e questo in presenza di alberi in un bosco e/o di cielo nuvoloso non è sempre immediato o addirittura possibile … Non spetta certo a noi valutare l’ utilità o meno di una telemetria delle sospensioni ma sicuramente posso dirVi che è perlomeno interessante e anche divertente l’ utilizzo della stessa !

Per iniziare ad utilizzare correttamente il sistema Mind Vi verrà richiesto di accoppiare la Vostra unità Mind all’ APP tramite bluetooth e una volta effettuato l’ accoppiamento Vi verrà richiesto il Vostro peso in ordine di marcia e a quel punto di effettuare la misura del SAG delle due unità ammortizzanti . Il tutto è molto ben guidato all’ interno dell’ APP My Mondraker stessa e non presenta grosse difficoltà per chi mastica normalmente di queste cose . Il corretto rilevamento del SAG è sicuramente una parte molto importante e comunque una buona base di partenza per utilizzare la Vostra MTB con sospensioni tarate correttamente . In base poi alle Vostre preferenze e capacità di guida (l’ APP Vi permette di scegliere fra 3 diversi livelli) potrete poi proseguire in un setting più fine adatto a Voi proprio in base alle risultante delle misurazione fatte con la telemetria : COOL !!!

Come potete vedere nelle immagini qui sotto (fig. 3 , 4 e 5) il sistema fornisce i seguenti dati :

  • Lunghezza del tratto misurato
  • Tempo attività del sistema (non è il rilevamento cronometrato del percorso poichè da quando parte il sistema a quando lo fermerete riprendendo in mano il Vostro smartphone passa del tempo)
  • Totale dei metri in salita lungo il percorso
  • Velocità media
  • Fondi corsa effettuati (bottom out)
  • Numero dei salti effettuati (da notare che si può facilmente rilevare dove sono sul percorso)
  • Corsa massima fatta dalla forcella e di conseguenza dalla ruota anteriore
  • Corsa massima fatta dalla ruota posteriore
  • Grafico del lavoro delle due sospensioni
  • Velocità sui salti
  • Posizione in cui si trova il salto sul percorso (espressa in metri, chilometri)
  • Corsa della ruota anteriore e posteriore all’ atteraggio del salto
  • Tempo in aria
  • Lunghezza del salto

 

A voi ora sbizzarrirVi nell’ utilizzo dei dati forniti nella maniera che riterrete più appropriata fosse anche solo per misurare il salto più lungo che avete fatto e compararlo con quello dei Vostri amici 😉

Insomma ci siamo divertiti non poco a constatare come il sistema Mind Vi fornisca dati e valori a cui non avevamo nemmeno pensato prima dell’ utilizzo dello stesso e considerando che è incluso nel prezzo della Vostra Mondraker senza nessun sovrapprezzo è un valore aggiunto non da poco per il biker evoluto !

 

Test ruote in carbonio Enve AM30 Foundation Series

07 Set 2021

In questi ultimi tempi abbiamo avuto modo di provare sulla nostra Santa Cruz Heckler CC una coppia di ruote Enve AM30 Foundation Series .

Prima di venire alla prova vera e propria riteniamo utile fare una distinzione tra le diverse tipologie di ruote in carbonio in due categorie differenti :

  1. Ruote molto leggere (utilizzo primario XC)
  2. Ruote molto rigide e con precisione di guida superiore ma non con questo super leggere

Nella prima categoria l’ Utente ricerca spesso e volentieri semplicemente un abbassamento del peso delle masse rotanti e considera poco importante il livello di rigidità delle stesse proprio perchè spesso l’ utilizzo è limitato al cross country e quindi la guidabilità / rigidità passa in secondo piano rispetto al valore in grammi .

Ovviamente le ruote Enve AM30 non fanno parte di questa categoria e sono dedicate ad un uso più allmountain / trial / enduro dato che il loro peso è di 950 gr. per l’ anteriore e di 1780 gr. per la posteriore nella nostra coppia da 27,5″ . Il canale interno è da 30 mm (esterno 39 mm) e sono consigliate per un uso con gomme sino a 2.6 .

Come detto abbiamo potuto utilizzare la Heckler con queste ruote dopo che l’ avevamo usata con ruote in alluminio e anche con ruote in carbonio di diversa azienda produttrice . Ebbene ciò che risulta subito evidente sin dai primi metri di utilizzo è l’ estrema rigidità laterale delle ruote che conferiscono anche a queste ruote della gamma Enve una guidabilità e precisione senza uguali oggi sul mercato ! Se paragonate alle ben più costose sorelle M7 direi che è ben difficile poter valutare una rigidità e una conduzione meno precisa mentre per contro mi sembrano in pochino più confortevoli data la minor sensazione di rigidità nell’ impatto con il terreno .

Se paragonate invece alle ruote in alluminio o in carbonio di altri la precisione di guida è nettamente superiore e quindi ci sentiamo di consigliarle a chiunque cerchi rigidità ed estrema precisione nella guida !!! Per contro, per chi non è abituato a ruote così rigide e precise, potrebbero addirittura risultare un problema nella guida perchè ovviamente non permettono errori e o imprecisioni di guida : dove metti la ruota lei va !

Quanto sopra detto evidenzia quindi la necessità di un certo periodo di assuefazione al prodotto ma Vi assicuriamo che se cercate una ruota precisa e rigida nulla ad oggi ci ha impressionato positivamente come le ruote della famiglia Enve !

Per finire il prezzo risulta allineato alle produzioni di aziende concorrenti e Vi ricordiamo che è presente la garanzia a vita sul primo proprietario del prodotto senza nessuna limitazione di sorta . Ci sentiamo quindi di consigliare le AM30 per chi cerca super prestazioni dalle proprie ruote in carbonio 🙂

 

Gomme anteriori : Michelin DH22 VS Specialized Hillbilly Grid Gravity T9

29 Mar 2021

Gomme anteriori : Michelin DH22 VS Specialized Hillbilly Grid Gravity T9 🙃 🎲 🎯

Non amo le comparative ma per queste due gomme anteriori che considero il benchmark del mercato odierno farò un’ eccezione per far comprendere meglio le differenze tra i due prodotti che hanno utilizzo e valenze diverse 😉
Grip : DH22 : 10 – Hillbilly : 8
Grip su terreni bagnati : DH22 : 7 – Hillbilly : 10
Fango : DH22 : 6 – Hillbilly : 9
Scorrevolezza : DH22 : 4 – Hillbilly : 8
Time attac : DH22 : 10 – Hillbilly : 7
Durata : DH22 : 7 – Hillbilly : 8
Precisione di guida : DH22 : 10 – Hillbilly : 7
Resistenza ai tagli : DH22 : 10 – Hillbilly : 6
Confort (risposta elastica) : DH22 : 5 – Hillbilly 8
Totale : DH22 : 69 – Hillbilly : 71

Come potete ben vedere il punteggio è molto simile ma le due gomme sono ben diverse !
Se cercate prestazione assoluta (sull’ asciutto) e precisione di guida la DH22 è sicuramente da preferire a fronte di un maggior impegno fisico ma state certi che se cercate il tempo il DH22 è la gomma anteriore per Voi !!!

Se invece cercate una gomma molto performante a tutto tondo (anche sul bagnato dato che è una gomma intermedia) e più confortevole la Hillbilly vince a mani basse 😉

Spero che le nostre considerazioni siano utili per una scelta tra due gomme che io personalmente considero tra i riferimenti assoluti per l’ anteriore 🥰

Sistemi sospensivi in breve

11 Dic 2020

Visto l’ importante riscontro / gradimento avuto sui canali social di Pro-M abbiamo deciso di riassumere qui sul blog quanto scritto sui sistemi sospensivi in breve secondo quanto da noi riscontrato in tutti questi nostri anni di attività MTB . Sono ovviamente opinioni d’ uso del tutto PERSONALI dove non esiste un sistema / cinematismo che vince a mani basse sugli altri ma bensì delle semplici impressioni con PRO e CONTRO rilevati in tutti questi anni sul campo, in officina e dai nostri Amici / Utenti . Del resto siamo di fronte al meglio dei sistemi esistenti …
Non abbiamo citato il monocross o single pivot e l’ URT perchè ormai fanno parte del passato e altri sistemi sospensivi come Split Pivot, Maestro e altri poichè non abbiamo un’ esperienza sufficiente per poterli giudicare .

Non vuole essere e non è un trattato tecnico scientifico ma bensì un qualche cosa espresso con le parole più semplici possibili … EccoVi quindi quanto scritto in stretto ordine alfabetico :

  • Delta Suspension System di proprietà Evil Bikes . Acronimo di Dave’s Extra Legitimate Travel Apparatus dal nome del proprietario del brevetto : Dave Weagle .

PRO : sospensione pressoché infinita che da il meglio di se nelle situazioni più gravity . Supporto iniziale molto morbido con grande sostegno a centro corsa .
CONTRO : pulizia e manutenzione elevata del sistema

  • DWLink acronimo di Dave Weagle Link brevettato da Dave appunto . Fa parte della famiglia dei dual link e fu concesso in licenza e sviluppato con tre produttori di telai : Ibis, Pivot e Turner . Oggi sono rimasti solo i primi due anche se personalmente ho sempre preferito il Turner
PRO : molto stabile in pedalata e con una corsa che sembra molto di più di quanto in effetti sia
CONTRO : in frenata il carro si inibisce un pochino

  • F.O.L.D. Suspension System di proprietà Focus . Acronimo di Focus Optimized Linkage Design è realizzato con due bielle che danno una diversa progressione nella prima fase di corsa della sospensione (30%) e nella successiva (70%) .
PRO : carro monolitico rigidissimo e grande capacità di trazione in salita .
CONTRO : necessità di controllare la coppia di serraggio delle viti del sistema spesso

  • FSR di Specialized (brevetto originale di Horst Leitner) e cioè carro a 4 punti d’ infulcro con giunto Horst
PRO: estremamente sensibile anche ai piccoli urti, molto attivo e svincola la sospensione in frenata
CONTRO : sistema più complesso e con più snodi sul carro che potrebbe essere meno rigido e più pesante di altre realizzazioni con carro senza snodi inoltre si muove più di molti altri in pedalata

  • Switch Infinity un altro Dual Link ma con in più il sistema Switch . Disegnato da Dave Earle e poi venduto a Yeti con il nome di Switch Link aveva prima un eccentrico che garantiva una regressività della sospensione nella prima parte di corsa per poi diventare progressiva nell’ ultima parte della corsa per evitare il bottone out . L’ eccentrico è poi stato sostituito dall’ attuale cursore prendendo il nome di Switch Infinity appunto .
PRO : estremamente reattivo in pedalata e con un’ ottima capacità di assorbire di tutto
CONTRO : difficile trovarne all’ atto pratico . Forse la manutenzione annuale dello Switch …

  • VPP acronimo di Virtual Pivot Point (brevetto originale di Outland Bicycle) ora detenuto da Santa Cruz . Fa parte della lunga serie dei Dual link dove il carro, con due link che lo collegano al triangolo, fa fare alla ruota una traiettoria ad arco .
PRO : carro molto rigido e reattivo alla pedalata
CONTRO : non così sensibile e attivo, la frenata inibisce il lavoro della sospensione (Brake jack)

  • ZERO Suspension System, appartiene alla famiglia dei Dual Link ma ha una particolarità quasi esclusiva : è un Dual Link Full Floater e cioè l’ ammortizzatore è spinto da tutti e due i link e non da uno solo ! Brevetto di proprietà della Spagnola Mondraker sviluppato con la collaborazione di Fabien Barel e Cesar Rojo .
    PRO : forse tra i migliori cinematismi per MTB insieme a Switch Infinity . Ottima pedalabilità, pochissimo Brake Jack e sensazione di corsa infinita
    CONTRO : nelle vecchie versioni era complicata e frequente la manutenzione del sistema di snodi dei link ma oggi tutto ciò è stato notevolmente migliorato

Prova nuova Fox Float 38

04 Giu 2020

Presentata durante il periodo di lookdown – cosa che ha suscitato negli addetti ai lavori non poche perplessità – la nuova serie di forcelle Fox 36 , 38 e 40 è stata completamente rinnovata sia nel disegno dei foderi che nella parte idraulica con l’ aggiunta della valvola VVC . Per la descrizione tecnica della forcella e delle novità Vi rimandiamo al sito ufficiale Fox al seguente indirizzo : https://www.ridefox.com/family.php?m=bike&family=38 . Oltre agli steli da 38 mm, al nuovo casting dei foderi e alla già citata valvola VVC possiamo riassumere le novità salienti con il nuovo sgancio rapido flottante, le valvole per scaricare il surplus di pressione aria nei foderi, il nuovo sistema che porta l’ olio alle spugnette di lubrificazione sotto i paraolio e il nuovo parafango opzionale che si fissa direttamente all’ archetto

La nuovissima 38 è stata da molti considerata la vera novità della nuova serie anche se in effetti sia la 36 che la 40 risultano completamente ridisegnate e quindi completamente nuove . La fattura del prodotto è come sempre curatissima e la qualità meccanica superba, forse al limite del maniacale ! Imponente nella sua struttura dove spiccano gli steli da ben 38 mm. come suggerito dal nome del prodotto stesso.

Ma veniamo alla prova effettuata su diversi terreni (tra cui una scala infinita in pietra naturale lunga quasi 8 Km) in quest’ ultimo mese come segue. La 38 è molto rigida e quindi all’ apice della guidabilità per una mono piastra. La differenza con la 36 – anche se per onestà devo dire che non ho ancora provato la nuova 36 con i nuovi foderi ridisegnati – è subito percepibile mentre il peso, di circa 400 grammi superiore alla 36, sulla E-MTB dove l’ abbiamo montata non è così evidente nella conduzione della E-MTB stessa . Magnifica la scorrevolezza degli steli Kashima sin dal primo utilizzo e superlativa la prima parte di corsa che copia anche le foglie come si usa dire 🙂 La progressività poi è assicurata dalla cartuccia Grip2 con la nuova valvola VVC e non abbiamo mai dovuto affrontare fondi corsa durante il nostro utilizzo con taratura della molla ad aria leggermente inferiore (- 5 psi) al minimo consigliato per il nostro peso .

Veniamo ora alle domande che molti ci hanno rivolto durante le nostre uscite con il nuovo gioiello di Fox.

Vale la pena di scegliere la 38 al posto della 36 ? A mio personalissimo parere su una E-Bike, dove il fattore maggior peso è meno rilevante, sicuramente si vista la maggior rigidità e guidabilità della 38 . Probabilmente su una Enduro tradizionale invece il maggior peso dovrebbe far riflettere in confronto alla nuova 36 che immagino sia anch’ essa molto più performante dell’ attuale versione (spero di poterlo verificare al più presto) .

La 38 sostituisce una forcella a doppia piastra ? Sinceramente avendo usato già dallo scorso anno una doppia piastra su una Kenevo Expert non mi sento di dire che la 38 abbia la stessa rigidità e caratteristiche di guida di una doppia piastra e personalmente propendo per la doppia piastra visto anche il minor affaticamente che ho con la doppia …

Insomma per terminare un prodotto molto ben costruito, come d’ abitudine per Fox, che diventa in questo momento un riferimento di rigidità e conducibilità per la categoria mono piastra nel mercato attuale !!! Se poi ne fate un discorso puramente estetico la forcella è imponente e bellissima !!! A ognuno di noi la scelta della forcella che meglio si datta alle proprie esigenze e il fatto che il mercato ci permetta di scegliere è sicuramente un vantaggio non da poco per tutta l’ Utenza .

 

Pro-Meide – Ovvero l’ epica al tempo della MTB – Prologo

03 Mag 2020

Pro-Meide – Ovvero l’epica al tempo della MTB
di Ezio “Freakrider” Baggioli
Prologo : tutta colpa di Horst

AMP Research. Immagino che questo nome non evochi nulla alla maggior parte di chi oggi scorrazza in MTB che sia muscolare o assistita. Per chi come me è una cariatide di questo divertimento, poi mutatosi in un affare economico di migliaia di bilioni in qualsiasi moneta voi lo declinate, il suo fondatore Horst Leitner ebbe un intuizione che avrebbe segnato lo sviluppo delle bi-ammortizzate fino ad oggi: brevettò uno snodo sui foderi bassi che svincolava la sospensione dalla frenata, cosa che con i carri monocross e con i carri URT (per chi non ha mai avuto la disgrazia di possedere una bicicletta con tale innovazione ingegneristica degna del Bike Razzie Award, io ebbi per qualche tempo una Klein Mantra tanto affascinante quanto inguidabile), deve sapere che permetteva ampie escursioni per quei tempi fino ed oltre i 150mm fin tanto che si stava in sella: appena ci si alzava per affrontare una discesa, il carro che era solidale al movimento centrale ma svincolato dal telaio trasformava il vostro “feather bed” in una putrella su due ruote. Per fortuna ebbero vita breve e nessuna lacrima sgorgò (ad imperitura memoria) sulle sospensio che imperavano a quel tempo. L’ Horst trasformò la guida da un cocktail di scossoni, imprecazioni e dolori cervicali in un inizio di confort e precisione in discesa e soprattutto sulle salite. Gli anni ottanta furono per lo sviluppo, momenti frenetici con innovatori spesso visionari che arrivarono da un settore in crisi: le costruzioni aeronautiche.

La California era uno stato dove la Silicon Valley non era ancora il cuore economico della regione, la globalizzazione si affacciava nelle americhe con il NAFTA, avevamo il made in Taiwan e le ristrutturazioni industriali negli Stati Uniti iniziavano a cambiare volto al paese.
La rete di fornitori delle aziende costruttrici di velivoli iniziò a vacillare ed il nuovo mercato aperto dalla MTB, permise di riversare le competenze tecnologiche nelle lavorazioni dell’alluminio (la scelta di AL 6061 lega usata fin dagli anni quaranta in campo militare è dovuta solamente alla reperibilità sul mercato ed alla conoscenza dei processi produttivi) e dei componenti quali pedivelle, serie sterzo, sospensioni: la fase 2.0 era iniziata. In questo calderone di competenze si mescolarono l’ardore dei padri del movimento, quali Tom Ritchey, Gary Fisher, Joe Breeze, Joe Murray, Charlie Kelly al raziocinio ingegneristico di Gary Klein, John Parker, Bob Girvin, Doug Bradbury, Horst Leitner, Richard Cunningham (non è il protagonista di Happy Days ma fondatore di Mantis e editore spirituale di MBAction, la bibbia del movimento nel 1986) e la visione più commerciale, rivelatasi vincente di Myke Sinyard anticipato di qualche anno da Richard Burke e Bevel Holl. Qui da un movimento di flowers power ad industrializzare il giocattolo sono passati poco meno di dieci anni.

In quegli anni ero stato tre volte negli Stati Uniti: la prima volta nel 1984, passai un mese a Laguna Beach CA, cittadina sede prescelta di un noto marchio sportivo fondato da Yvon Chouinard Deus della golden age in quel di Yosemite e innovatore del clean climbing. Per me, umile ragazzotto Italiano fu un viaggio catartico: spiagge, surf con tutto il suo corollario dove non ci si faceva mancare nulla. Vidi per la prima volta queste strane biciclette che pedalate dai surfisti annoiati dall’attesa dell’onda perfetta, scomparivano rapidamente lungo i pendii collinari che abbracciano la costa oceanica. Fu un amore travolgente: chiesi al mio ospite Bob, telemarker e surfista che conobbi durante un ravanage selvaggio al Piz Agnell in Engadina, mentre facevo i primi esperimenti di Telemark in fuoripista e da Lui venni soccorso in crisi glicemica, dove potessi trovarne una. Abbiamo la stessa stazza Bob ed io, lui aveva una Breeze, non si chiamavano ancora MTB, la chiamava Klunker. “Uomo, è come sciare Telemark ti butti giù e trovi la tua linea. In salita uguale: sali secondo la tua condizione come quando si fa sci alpinismo, non si sale per arrivare in vetta, lo fai per scendere più velocemente che puoi. Birra ed accessori all’inizio ed alla fine, che altro dirti? Provala e non scenderai mai più di sella…” mai parole furono più profetiche.

Nel 1987 mi abbonai a MBAction di cui ansiosamente attendevo la copia mensile per leggere di quel mondo che qui in Italia appariva sfocato: solo la rivista naturalistica “Airone” nel 1985 usci in prima di copertina con la Cinelli Rampichino, secondo loro la prima MTB prodotta in Italia, ma come scoprii molti anni dopo non era la prima. Forse dal punto di vista industriale, ma qualcun altro a Milano aveva precorso i tempi, ma lo scopriremo a tempo debito. Rapidamente mi passarono tra le gambe bici totalmente rigide, i puntapiedi, la prima front suspended con forcella Rockshox con ben 50 mm di corsa, freni Grafton, componenti Control Tech, la prima bici in alluminio, i primi pedali a sgancio SPD, le prolunghe al manubrio, i caschi ETTO, gli occhiali Oakley Eyeshade, la prima bi-ammortizzata Manitou FS con la corsa esagerata di 80mm F/R. Nel 1992 un incidente in montagna mi mise fuori gioco per quasi tre anni, lasciai la bicicletta e gli sci in cantina, le priorità erano altre in quel periodo volevo riprendere l’uso della gamba destra che mi rese per tutto quel periodo invalido, sognavo di riprendere a sciare Telemark e ero passato alla bici da strada, come strumento di recupero pari alle estenuanti e noiose vasche in piscina. Non ho mai amato il cricetismo ed obbligato a scopo terapeutico ad applicarmi tornai in sella ad una Breeze Lightning, in sano CrMo Tange con forcella Answer Manitou da 50 mm, sui sentieri innevati a La Punt; le Fat non esistevano… Compresi cosa provasse l’Araba Fenice risorgendo dalle proprie ceneri, ero vivo e vegeto. Rincontrai Bob alla seconda edizione della Skieda a Livigno a Marzo del 1996, dove tra una birra, tenda sudatoria e qualche calumet della pace ci ritrovammo a parlare dell’attività estiva prossima ventura.

“Freak, la devi provare credimi. E’ la miglior MTB che potresti pedalare ora, poche balle, lo scrive anche Jimmy Mac e se lo scrive Lui, lo conosci sei abbonato da dieci anni alla sua rivista. Leggi cosa ne pensa Zap Espinosa, sono le colonne d’Ercole del nostro mondo. AMP B3, segnatelo non so se la troverai qui in Italia ma questa è la tua bici.”
In quel periodo cambiavo le bici come i managers di cambiano la cravatta, me la studiai leggendo e rileggendo la prova su MBAction, guardando i freni a disco e le sospensioni, di sua produzione, con una forcella F3 a parallelogramma da 50mm, corsa al posteriore di ben 2,75 pollici che in millimetri sono circa 70 mm. Approfittai di un viaggio di vacanza nei parchi dell’ovest negli Stati Uniti (la mia prima volta a Moab) per far visita a Bob a Laguna dove si trovava ai tempi AMP Research. Sicché tramite Bob feci un incauto acquisto in un noto negozio della zona: tornai in Italia con un telaio B3 in valigia, compreso di freni a disco idraulici a comando meccanico, una summa di miniaturizzazione meccanica. Ne andavo fiero, tutta polish alluminio allo stato dell’arte.
Ero quello che oggi definiremmo Poser… La pedalai abbastanza per capire che quello che arriva dopo è sempre il miglior prodotto.

MBAction era un influencer sottile e faceva leva sull’umano peccato di possedere un giocattolo nuovo, per cui appena presentata la B4 che rivoluzionava l’estetica del prodotto, mi misi alla ricerca di quest’ultima. Scrissi una commovente lettera ad AMP Research che mi rispose in tempi direi brevi, dove mi veniva comunicato che in Sud Tirolo, un parente del CEO tra le altre attività di famiglia aveva intrapreso l’importazione dei telai e componenti, lasciando in calce indirizzo e numero di telefono. Preso dal sacro furore dell’acquisto contattai l’importatore che stava in Val Pusteria, dove avevo parecchi amici legati al mondo del telemark e come sempre non sono mai sei gradi di separazione: conosceva bene una mia amica farmacista. Credo che dopo la mia telefonata dove lo travolsi di parole in libertà, volesse non più essere raggiungibile, ritirarsi in un maso con le vacche, ma fu piacevole ricevere una sua sua telefonata dove mi offriva il primo esemplare europeo, a suo dire, della nuova B5 che avevo visto sempre sulla Bibbia. 120mm di corsa al posteriore, forcella BLT F4 con ammortizzatori minion idraulici corsa monstre di 80 mm, steli del carro in carbonio e triangolo di un bel solar Yellow con torretta reggisella nero opaco. La volli così fortemente che messo giù il telefono prenotai un auto, in quel periodo utilizzavo solo la moto per muovermi salvo noleggiarla per andare a sciare, e andai un sabato mattino a ritirarla, giusto per inghiottire 800km tra andata e ritorno, ma al cuore non si comanda.

Si dimostrò per quei tempi una bicicletta discreta, nonostante la corsa ti facesse pensare ad una schiacciasassi, si palesò essere quella che oggi definiremmo una Trail Bike: non aveva un angolo di sterzo accentuato, abbinato ad un attacco manubrio da centoventi millimetri non ti dava una gran confidenza in discesa, ma a quei tempi non si era ancora evoluto uno standard discesistico, eravamo nel basso medioevo della MTB. I dischi venivano guardati con sospetto, avevamo guarniture a tre corone con cambio ad otto velocità, manubri che quando raggiungevano i cinquecentottanta millimetri erano considerati larghi…
MI piaceva, non c’è che dire, come quelle modelle dai tratti forzati che durante la settimana della moda stravolgevano gli sguardi dei Milanesi allupati all’aperitivo in Corso Como. La trovavo intrigante così snella un poco anoressica, con i contrasti di colore e quella apparente fragilità, che poi tanto apparente non si rivelò.
Infatti la settimana precedente ad una delle Granfondo della mitologia fuoristradistica Italiana: La Via Dei Saraceni in quel di Sauze d’Oulx alla quale ero iscritto, durante un giro a San Genesio in un tratto di discesa l’ammortizzatore passò a miglior vita. Il suo essere anoressico non lo facilitò nel suo lavoro ed io rimasi appiedato… Lascio al vostro buon cuore i possibili commenti che avendo scomodato tutti gli dei dell’Olimpo e non solo, nella loro grazia divina allietarono i cinghiali nella macchia. Sconsolato, decisamente alterato non potei altro che tornare mesto a casa, impugnare la sacra Bibbia della MTB e cercare informazioni. Considerate che la rete non è quella che conosciamo ora, non c’erano tuttologi affermati, forum o pagine dove setacciare informazioni, la carta aveva sempre il suo valore, le riviste anche in lingua italiana erano presenti; Tutto MTB e Bici da Montagna erano le fonti alle quali abbeverarsi, sempre che non avessi un abbonamento a MBAction… Cosi sfogliando compulsivamente trovai la soluzione tanto agognata: in verità il cugino del CEO, da me bombardato da telefonate che avrebbero provocato il suicidio di massa di intere colonie di lemming, mi disse “cerca l’importatore Italiano di un produttore di sospensioni che chiama Risse Racing Technology. Risse fa un ammortizzatore ad aria dedicato che risolve il problema, mi hanno scritto che funziona molto bene. Guarda, segnati l’indirizzo Pro-M di Giovanni Biffi via Lucillo Gaio, 7 numero di telefono 335 29…. Sta a Milano, anche tu se non sbaglio, vero? “

Mi sentii risollevato. Riposi il telefono, cercai con curiosità non morbosa qualsivoglia inserzione pubblicitaria di Pro-M sulle riviste, alla penultima pagina di una copia di Giugno di Tutto MTB trovai quello che stavo cercando. Pro-M importatore Mountain Cycle, Risse Racing Technology ect. ect.


33529…. squilla: al quarto squillo una voce nasale con un forte accento Milanese mi risponde: “pronto?!”
“Buongiorno, Pro-M? Sì, buongiorno mi scusi… Voi siete importatori Risse Racing Technology? Possiedo una AMP B5, ho l’ammortizzatore fuori uso e ne vorrei acquistare uno. Lo avete in casa?”
dopo una breve pausa la risposta.
“Sì, è a magazzino.”
“Benissimo! quanto costa?” eccitato dal poter rimettere in azione la bicicletta, risposi.
“Trecentosessantamila Lire” risposta fu mai cosi cristallina.
“Per ora grazie, lo prendo, posso passare domani? A che ora? Le potrebbe andar bene nel primo pomeriggio? Di chi dovrò Chiedere?”
“Chieda di Gianni Biffi, che sono io… arrivederci”

Pro-Meide – LIbro I – La genesi

02 Mag 2020

Libro I – Cap. I

Gli anni d’oro – La genesi

Correva l’Annus Domini 1997.

Il secolo scorso stava per volgere alla fine, Milano non sembrava per nulla preoccupata di questa “fin du siecle” anzi, tutto sembrava soto controllo: locali dell’aperitivo sempre pieni come i panini imbottiti, quelli che ti mangi fuori dallo stadio di San Siro e non ti chiedi che cosa ci sia dentro. I lavori stradali in Piazza della Repubblica che accompagnati da cartelli consolatori promettono l’apertura del passante ferroviario per Natale sono sempre causa di incolonnamenti e sicure incazzature con dei cordiali “vaffa” a chi con il solito GS con borse e baule e con calzino proteggi Church sul piede sinistro si piazza di traverso oltre la linea di arresto pronto allo scatto bruciante destinazione il Chiosco più “in” che si trovava Corso Sempione , visto che qui a Milano si va sempre di fretta, anche all’aperitivo. Il XX secolo sta per finire, cosa vuoi che siano 3 anni? Si parla di una nuova moneta Europea intanto il trattato di libera circolazione dei cittadini sarà reso operativo dal 26 ottobre, una nuova era d’oro per il continente, così i giornali economici e le dichiarazioni commosse condite da traboccanti strette di mano per l’onore dei fotografi ci viene prospettata. Ma le prospettive son solo e sempre ipotesi, dovremmo avere prove inconfutabili per renderle plausibili, basta un attimo e come il barman al quale hai chiesto un Negroni nel girone infernale all’una e trenta circa, ti serve uno sbagliato. Negroni sempre di nome ma non di fatto; il mondo regolato dall’orologio dell’universo va avanti come sempre con o senza speranze.

Di quelle ne avevamo in abbondanza, la politica dopo anni di difficoltà legati mani e piedi al sistema clientelare della prima repubblica sembrava andare verso un nuovo corso. Il 20 Gennaio Bill Clinton iniziò il suo secondo mandato aspettando la stagista a carponi nello studio ovale, la cometa Hale-Bopp il 22 Marzo sfiorò la terra e come una mano anonima scrisse “In vita mia hovvisto piùu homete che fiia” sul muro dell’accademia navale di Livorno, portò gioia tra gli umani, altro che sfighe. Infatti il 9 Maggio a Venezia un gruppo di annoiati nostalgici della Serenissima occuparono il campanile di San Marco, una gogliardata che la cometa sicuramente aveva suggerito. Dopo un secolo, in un 1° Luglio afoso, condito da tifoni nel sud est asiatico colpito da una crisi economica senza precedenti, la Gran Bretagna restituisce Hong Kong alla Cina che ci stava mettendo il naso nell’economia globale, “Che cosa vuoi che facciano ‘sti cinesi? Sono lavoratori a buon prezzo, null’altro. Il vantaggio che lavorano, lavorano per una ciotola di riso. Ho spostato la produzione vicino a Canton, li fanno quello che voglio io, non i miei dipendenti…” Cosi tuonava a cena un amico di mio padre, dimenticandosi che loro, i mangia riso, erano un impero dal 221 a.C. con solo duecento anni di declino e che avevano sostituito all’Imperatore il partito, ma i risultati li avremmo visti dieci anni dopo. Ma era tempo di lacrime popolari, di accorati mazzi di fiori lasciati sul luogo dell’incidente: il 31 agosto Lady Diana Spencer sotto il Pont de l’Alma perde la vita in un incidente stradale. I suoi funerali commuoveranno 2 miliardi di persone appiccicati agli schermi dei televisori di mezzo mondo, tra dediche, canzoni di Elton John ed ipocrisia celebrativa, the show must go on. L’autunno stava per iniziare, due studenti dell’università di Stanford Larry Page e Sergey Brin il 15 Settembre annunciano la teoria secondo cui un motore di ricerca basato sullo sfruttamento delle relazioni esistenti tra siti web, avrebbe prodotto risultati migliori rispetto alle tecniche usate fino ad allora: nasce Google. Questo episodio segnerà il corso degli anni successivi, la vita sociale degli esseri umani muterà radicalmente, internet dilagherà nelle case mandando in pensione le polverose enciclopedie che stanno staticamente in bella vista nei salotti ad imperitura memoria di cultura da acquisire.

Il 13 Ottobre non è un giorno qualunque per la nostra storia. L’uscita nelle librerie Londinesi di “Harry Potter e la pietra filosofale” libro di J.K. Rowling, il primo di una serie di sette non prende le prime pagine dei giornali. In Italia si discute su un’ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale che fa ordine sugli interventi urgenti legati al terremoto che aveva colpito, tanto per cambiare, Marche ed Umbria il 26 settembre ma sono notizie che sarebbero scivolate come il sapone sulle mani.
Chissà che cosa passava per la mente di Gianni Biffi quel pomeriggio in Via Messina. Sicuramente era impegnato alla ricerca di un parcheggio come tutti quelli che in un giorno qualunque, uggioso come tutti i giorni dell’ Ottobre 1997, colorato dalle foglie rosso screziato e giallo senape cadute dagli aceri nel piazzale del Monumentale trasportate lì chissà come da un vento nervoso ed indisponente e dagli ombrelli aperti dei passanti che si riparavano da un inutile pioggerellina lungo le bancarelle del mercato di via Fauchè.
Come sempre trovare parcheggio in zona era più difficile che vincere un terno al lotto sulla ruota di Venezia, ma in via Procaccini in fronte a Rossignoli evitando le rotaie del tram appiccicati al marciapiede della ex fabbrica Carminati, Toselli & C. che tutti conoscono come la Fabbrica del Vapore, se ci mettevi il giusto impegno, una Subaru Impreza WRX STI la piazzavi, stando attento a non sfrisare i cerchi dorati in stile “Goldfinger” che la caratterizzavano. Il design non l’ ho mai compreso fino in fondo, ma per quanto i cerchioni potessero far vomitare anche i koala, io l’ Impreza me la ricordo più per la guida che per l’estetica, proprio come il Gianni, che in quel momento era alla guida della stessa.

Via Messina, in quel tempo era il baluardo alla penetrazione della comunità Cinese, che stava concentrata nel Borgo degli Ortolani noto ai più come Chinatown, il quartiere compreso tra via Canonica e Paolo Sarpi. Nel brulicare di attività commerciali ed artigiane Cinesi resistevano all’espansione alcune attività commerciali, in via Niccolini, per fare un esempio, si era piazzata la Numero Uno, concessionaria bauscia delle Harley Davidson e meta di pellegrinaggio di Yuppies non ancora tatuati e di ligere del Giambellino nostalgiche di Easy Rider. Tra queste attività commerciali una piccola bottega che era il negozio di MTB a Milano: Tech Shop. Il mercato dell’esoterismo su due ruote era diviso equamente tra Tech Shop di Alan K. e Bicimania a Lissone, piazzato lungo la Valassina e gestita da Maurizio Z. grazie alla passione di un industriale Brianzolo. Alan era mosso dalla passione di chi sa che, come scriveva Oscar Wilde “The difference between a man and a boy is the price of the toy” (in italiano la rima non torna ma il senso sì…“la differenza tra un uomo ed un bambino è il prezzo del giocattolo”), tutti noi abbiamo bisogno di giocare fino al giorno della nostra departita. Se smettessimo faremmo uno sgarbo ai nostri sogni: l’umano vive di quelli ed i giocattoli aiutano, Gianni ne è un fulgido esempio. Il negozio era meta di personaggi che giocavano con molta passione, tipo un noto ingegnere Milanese che pur avendo una mole poco consona al prodotto acquistava in modo compulsivo tutte le biciclette che potevano in quel mentre renderlo meno soffocato dal lavoro, per poi ripudiarle gettandole delle rupi. Ignari testimoni lo videro gettare una Yeti ARC, al grido “Bici di MMMM…..AAAAA!!!!! “, da un’asperità. Tutti noi abbiamo una rupe Tarpea con la quale prima o poi facciamo i conti in senso figurato; Lui invece da buon ingegnere le cose le faceva, nel bene e nel male.

La vetrina di Tech Shop era una fucina di sogni all’ennesima potenza: Mantis, Yeti, Mountain Cycle, Santa Cruz, Turner, Cannondale, componenti che non avrebbero sfigurato in vetrina da Pisa in piazza Duomo, non solo per la raffinatezza ma anche per i prezzi. Tutto proveniva dagli Stati Uniti rigorosamente ricavati dal pieno, la massificazione del prodotto era ancora da venire, eravamo nel guado tra l’artigiano geniale e la timida industrializzazione: era la nicchia della chiesa esoterica del Biker Milanese. La pioggia leggera sfocava la vista della Mantis Flying V che si ergeva a totem circondata da componenti adoranti al centro della vetrina, i passanti volgevano lo sguardo incuriositi e scuotevano la testa sparendo nel grigio del pomeriggio sollevando gli ombrelli per far passare le donne con le borse della spesa. Dopo aver vinto il terno del parcheggio, Gianni si avvicinava all’ingresso di Tech Shop con il suo incedere curioso; un incidente automobilistico di ventuno anni prima lo aveva relegato ad una lunga degenza in quel di Chiusi, ingessato fino al torace per troppi mesi con il risultato di avere in ricordo una piaga alla caviglia che lo costringeva ad un leggero inchino della spalla sul lato destro ogni volta che muoveva un passo in avanti, riequilibrando la camminata.
All’ingresso F.F. un uomo sui trentacinque / quarant’anni di media statura, capelli castani che sovrastano disordinati una fronte spaziosa con il viso delimitato da un paio di occhiali dalla montatura pesante che gli davano l’aspetto di un prete di campagna in attesa di entrare in curia per incontrare un superiore e, come in quei momenti, inarcò le spalle e si guardò intorno incrociando cosi lo sguardo di Gianni.

“Oh, Gianni come stai, stai andando da Alan? Stavo per entrare in questo momento. Beh, voglio che mi acquisti qualche San Andreas, ho dei componenti niente male di Adventure Components, sospensioni Risse. Non so se lo sai, ma questa non è la mia sola rappresentanza commerciale, ci sto provando. Il mercato è in crescita… Io sono solo, tu sei un imprenditore, hai magazzino, contabilità, dipendenti ai quali un domani delegare… Insomma avrei, no… Vorrei chiederti se questa attività ti potrebbe interessare, Tu sai gestire, ma soprattutto sei un appassionato! Quanto spendi qui da Alan? Non che io voglia farti i conti in tasca ma… Pensaci. Per te sarebbe un piccolo impegno… La struttura non ti manca. cosa ne dici? Non che sia di fretta, ma quando vuoi ne riparleremo; vieni a casa da me e ti mostro il mio magazzino, così mi potresti dare un suggerimento… Senza impegno, la mia è un’idea che mi è venuta in mente ora… Vedendoti”
Gianni non distolse lo sguardo durante tutta la conversazione. La proposta lo allettava, un nuovo gioco da iniziare. Buttò lo sguardo sulla Mantis circondata da un aurea di goccioline di pioggia. Abbozzò un sorriso. ”Va bene F. oggi qui su questo marciapiede di fronte a questa vetrina nasce Pro-M, l’idea mi piace, vedremo se il tempo sarà galantuomo e dove arriverà.”
Non entrò da Tech shop, salutò F.F. e si diresse in direzione di via Procaccini scivolando tra gli ultimi ombrelli aperti.

Pro-Meide – Libro I – L’ incontro

01 Mag 2020

Libro I – Cap. II

L’incontro
Un sabato imprecisato di Luglio 1998

Luglio a Milano era un sudario calato sulle strade, trincee di asfalto che metteva a sedere i Milanesi boccheggianti nei parchi tra dog sitters, tate filippine ed improvvisati suonatori di Bonghi dispersi con la mente su qualche remota spiaggia della Giamaica. Le scuole erano finite a Giugno, quindi meno traffico ma il calore umido non faceva alcuno sconto: la sensazione che ti dava la sella a 451° Fahrenheit era l’esistenza dei centauri, dato che ti si incollava al fondo schiena e ti faceva un tutt’uno con lei. Non ho mai passato un Sabato in città da quando iniziai a vivere a Milano, non uno che fosse inverno, primavera, estate o autunno: ero più latitante di un bandito sardo nell’Ogliastra. Chi latita per necessità si sposta alla ricerca di nuovi rifugi, io ero sempre alla scoperta di nuovi sentieri, appena ne avevo la possibilità. Ripercorrevo quello che durante la mia infanzia avevo apprezzato in compagnia di mio padre e li ripetevo con varianti che poi negli anni successivi verranno chiamate “varianti Freak” con un nervoso affetto dai miei compagni di pedalate. Immagino i volti dei miei amichetti quando leggeranno queste parole…

Comunque sia, quel Sabato ero rimasto a Milano perché avevo la necessità di recuperare l’ammortizzatore Risse Terminator per la mia B5; senza non sarei andato da nessuna parte, avevo in mente un giro al colle di Valcava, per riscoprire il sentiero 801 che porta a Torre Dè Busi. Mi ero messo a cercare Via Lucillo Gaio su Tuttocittà, non ero molto pratico della zona a quel tempo, unico indizio “zona viale Certosa”… L’unica cosa che conoscevo era la concessionaria auto Bepi Koeliker che imperava scintillante, come le sue auto di lusso e che avrebbe fatto una miserrima fine pochi anni dopo, l’edificio severo in un qualunque anonimo stile teutonico della filiale Bayer Italia, giusto perché quando prendevo la fuga da Milano me lo trovavo all’angolo aspettando il semaforo verde. Per chi non ha vissuto il periodo pre-navigatore Tuttocittà era un fascicolo che veniva recapitato con l’elenco telefonico e di corredo alle Pagine Gialle: quando cercavi un attività commerciale ti affidavi ciecamente a lui, cercavi nell’indice la via poi andavi a sfogliare fin che non trovavi il quadrante di riferimento. Fase due: segnavi l’itinerario a mo’ di roadbook sulla Moleskine e poi andavi fiero come un esploratore nell’Africa nera per la tua strada, confidando sulla bontà della tua scelta. Il primo pomeriggio stava per arrivare, anche perché non ho mai capito quando accidenti inizia: alle 14? Oppure alle 15:30 come la maggior parte delle attività commerciali della operosa Milano? Vampate di calore mi venivano gettate in viso come i coriandoli al carnevale mentre guidavo la moto lungo la circonvallazione, i rivoli di sudore iniziavano a scendere dalla fronte come fiumi in piena dopo essermi lessato prelevando il contante ad uno sportello Bancomat.

Ma ero in ritardo o almeno credevo di esserlo. Persi un sacco di tempo per capire da dove si prendesse Via Lucillo Gaio: lo stradario me la indicava quale fosse una parallela di Viale Certosa, ma non vi era modo di accedere, percorsi su e giù per un paio di volte il viale, fin tanto che orientando lo stradario che per sicurezza avevo riposto nel baule della moto trovai l’ingresso: preso il controviale mi infilai in via Tibullo, incrociai a destra il divieto di accesso a via Lucillo Gaio girai in Via Gallarate, che ai tempi non mi diceva nulla sennonché fosse la via che conduceva ad uno dei cimiteri più grandi di Milano, al semaforo prima del cavalcavia del Ghisallo imboccai via Capodistria e con magno gaudio mi ritrovai in Lucillo Gaio. La via era sonnecchiosamente deserta alle 15:20 circa di un Sabato di Luglio, parcheggiai sul marciapiede augurandomi che l’asfalto non si liquefacesse, buttai il casco nel baule e mi avvicinai al numero 7…

L’edificio dal design classico degli anni settanta ad un piano era equamente diviso in due parti uguali con cinque bocche di lupo messe in sicurezza da robuste inferriate dove sulla prima a sinistra campeggiava una targa con tanto di freccia che guardava in basso a destra con scritto “POSTA” ed altrettante finestre , chiuse in quel momento da serrande grigio austero addolcite da frontespizi rosso carminio accompagnate in un ordine BauHaus da piastrelle dal profilo romboidale grigio chiaro che mi ricordavano il cielo di Milano… Che fosse un omaggio dell’architetto a questa città? Al centro un ingresso con un accesso di alcuni gradini in marmo agli uffici a sinistra, dove una lampada di lucido ottone aggrappata ad una parete di legno color mogano illuminava di sottecchi una porta chiusa da una doppia mandata e da un portone marrone finestrato che non tradiva il suo scopo di ricevimento merci con una porta al centro che come un buttafuori al Plastic attendeva il mio ingresso. Sopra la targa del passo carraio il numero 7 mi confermava la destinazione e sopra un globo blu composto dalla scritta BIFFI al centro e sul fondo bianco AUTO PARTS mi rammentava che non avevo sbagliato indirizzo… Ma la Pro-M? Avvicinandomi al portone vidi il logo ripetuto ed appena sopra una targa adesiva che imparai a conoscere bene nel corso degli anni : Pro-M !

Suonai il campanello e sentii la voce ovattata di un uomo che diceva “Vado io! Vedo chi è…” Sentii una chiave aprire la mandata, la porta si aprì e due occhi cerchiati da un paio di occhiali inforcati su un naso generoso mi scrutavano questuanti: misi a fuoco un viso rubizzo, dovuto al caldo che fuoriusciva dall’interno, con una fronte spaziosa imperlata da piccole gocce di sudore che si allungava verso la nuca non nascondendo un’ incipiente calvizie.
Sfoderai un sorriso e tendendo la mano dissi “ Gianni Biffi? Piacere ho chiamato ieri per acquistare un ammortizzatore Risse, mi sa che sono in ritardo , ma ho fatto un poco di casino qui intorno per arrivare…” L’uomo mi fece entrare richiuse la porta si voltò verso di me e mi rispose: “no… non sono io Gianni, sono un amico di vecchia data, andiamo in bicicletta insieme… Adesso è su in ufficio, aspetta che lo chiamo così scende, immagino conoscendolo che Ti stesse aspettando… Ci diamo del Tu tra Bikers, piacere mi chiamo Daniele”. Mi guardai intorno, la luce che filtrava dai finestroni del portone metteva in chiaro scuro gli scaffali in fila come tanti soldati all’alzabandiera fino a farli dissolvere nel buio, una Subaru Impreza WRC STI nei canonici colori racing con un impressionante tubo di scarico stava in fronte. Appoggiata ad una colonna una Pro Flex 856 rossa di taglia media era accostata ad una colonna. “Non c’è alcun problema, va benissimo, sono Ezio” risposi. Il rumore di un condizionatore era amplificato dallo spazio ampio del magazzino, sicuramente alleggeriva la morsa del caldo in ufficio, ma io sudato lo ero. Se c’è una cosa che odio è non essere presentabile ed in quel caso incarnavo questa opzione… “Ggiannniii, vieni giù!” Daniele si era avvicinato ad una scala alla mia destra che portava ad un ballatoio dove alle spalle si aprivano gli uffici, da una porta a vetri uscì un uomo che appoggiandosi alla balaustra con quell’accento profondamente Milanese e velatamente nasale rispose “Arrivo, scendo subito…” La prima cosa che notai, fu in suo incedere: un passo cadenzato, senza nessuna fretta con il capo leggermente chino a destra. Quando fummo l’uno di fronte all’altro allungando la mano disse: “Gianni Biffi”

“Mi deve scusare, sono in ritardo pensavo di arrivare un poco prima, ma via Lucillo Gaio ha un ingresso non facile, questa è una zona che non conosco… ma ci sono!” Gli strinsi la mano. Indossava una Lacoste ed un paio di jeans al polso un orologio sportivo, un uomo di statura media con una capigliatura corvina foltissima che nascondeva in parte la fronte, mettendo in risalto gli occhi attenti che abbracciavano un naso affilato accompagnando il mento che metteva in ordine il viso, non aveva il fisico di un sciusciamanuber ritenevo avesse una quarantina di anni o poco più. Nella mano sinistra dove spiccava una sottile fede d’oro giallo, teneva stretto un Nokia 9000 Communicator, un gioiello tecnologico… Costava quanto un appartamento in Montenapo si usava dire in quegli anni. “Andiamo il magazzino Pro-M è lì sotto”
“La Pro Flex è vostra?” Gianni si girò e con un mezzo sorriso di scherno rivolto a Daniele che mi stava al fianco disse divertito “No… Qui di cancelli non ne teniamo, abbiamo già quello all’ingresso, basta ed avanza” Daniele non rispose subito, scosse la testa e rise di gusto. Mi pareva fosse molto complice; gli sfottò ci stanno se sei in sintonia, pensai che si conoscessero da tempo. Appena entrati a destra sotto il ballatoio, un piano antiscivolo portava all’ammezzato dove ci attendeva la stanza dei giocattoli. Lo spazio non era grande, in una scaffalatura alla sinistra entrando vi erano disposti attacchi manubrio AC, ricambi, selle , dischi freno ed impianti Pro Stop, ammortizzatori Risse e molle Eibach… Quello che mi colpì era l’ordine con il quale la gamma Mountain Cycle era stata allineata di fronte. Le biciclette stavano come cavalli in parata a distanza preordinata, con la pedivella destra in avanti a centottanta, come se attendessero il segnale per scattare… Le San Andreas declinate in un bianco fatale facevano la parte dei Lipizzani all’ alta scuola di Vienna, la loro grazia stilistica le rendeva uniche! Sembrava fossero lì solo per gli occhi del loro mentore, che le aveva assemblate con dovizia di dettagli… Una cosa mi fu subito chiara: quell’uomo in Lacoste quando mi spiegò su mia richiesta le caratteristiche delle biciclette soffermandosi su ogni più remota minuzia che fosse una saldatura o sui componenti che montava non era un commerciante ma un visionario, era la vittima perfetta di una passione che se lo catturava si faceva spolpare da Lei, un supplizio di Tantalo che ti porta ad andare sempre più alla ricerca di nuovi orizzonti. Pensai che quello era il suo hobby ed avendo forse intuito che aveva altro come attività lavorativa, dava sfogo al suo desiderio di giocare.

“Sei fortunato, in Italia quante AMP RESEARCH ci sono? Mi sa poche, le conti sulle dita di una mano” così proferì consegnandomi il mio ammortizzatore. “In effetti comuni non sono, mi trovo bene quando la pedalo non vedo l’ora di provarlo, sono molto contento, grazie. Domani sicuramente uscirò in bici, voi uscite?” Risalimmo in magazzino, Daniele si avvicinò alla Pro Flex giochicchiando con la forcella Girvin “Gianni domani non abbiamo in programma di andare a Tirano per andare a fare Bernina, Pontresina, Alpe Grum, Poschiavo?” disse mentre stavo per saldare l’acquisto.
“lo conosco benissimo il giro in questione, lo faccio da anni, questo è il momento migliore per andare, i laghi sono incredibili a Luglio.”
Dandomi la fattura, Gianni Biffi mi disse: “se la conosci così bene vuoi venire con noi? Siamo un gruppo di amici e Clienti. C’è anche Daniele con il suo cancello, ci troveremo qui domattina”
“Grazie, ci verrò sicuramente… Sono onorato di questo invito… Facciamo così, vediamoci domattina a Lecco in piazza Cermenati sul lungo lago. ditemi voi a che ora… 7,30 può andar bene? Un posto lo avete per me? Questa sera andrò a trovare i miei genitori, appena finirò di montare l’ammortizzatore…”

Pro-Meide – Libro I – Anabasi e catabasi

30 Apr 2020

Libro I – Cap. III

Anabasi e catabasi

La piazza Cermenati in questa domenica al mattino presto, era punteggiata da anziani che andavano con passo tremolante ad affrontare la doppia scalinata in pietra grigia che conduce al sagrato della basilica di San Nicolò per la messa delle sette. L’assenza del Tivano mi confermava che avrebbe fatto molto caldo, le spiaggette ghiaiose del lago si sarebbero ben presto riempite di bagnanti accaldati e le auto cariche di Milanesi desiderosi di trovare frescura in Valsassina si sarebbero incolonnate sui tornanti da Malavedo a Ballabio, risvegliando con qualche colpo di clacson qua e là i residenti. Tutto nella norma, una classica immancabile domenica di Luglio tra lago e montagne tutti in fuga dalla bassa… Io stesso ero la regola non l’eccezione.
Dopo aver combinato un mezzo disastro nel montare l’ammortizzatore, avevo perso le viti facendole cadere nel tombino al centro del cortile di casa solo perché mi alzai dando retta al signor Ghezzi, che da buon pensionato pur di non star rinchiuso in casa stressato dalla moglie , appena mi vedeva armeggiare sulla bicicletta compariva come fosse una poiana affamata in picchiata su un pollaio. Era stato per quarant’anni alle Officine F.lli Borletti in via Washington, 70 a tornire minuteria e immancabilmente in un Milanese melodioso mi diceva “Uèe, l’è no ‘na bicicléta chesta chì… varda che robb… varda lì…varda lì, tuta de alùminio… ma quant la pésa, pòoch me sa propri… pòoch” ; mi son dato del pirla per un buon dieci minuti, ma per mia fortuna le viti le aveva lui. Vicino a casa avevamo la casa della vite e per sfizio di collezione ogni settimana ne acquistava qualche serie di passi e misure diverse, a che scopo non l’ho mai saputo… C’è chi colleziona francobolli e chi viti, non entro nel merito della passione, un terreno minato. Senza il suo intervento riparatore il giorno dopo non sarei stato lì ad aspettare Gianni Biffi ed i suoi argonauti.

In quel periodo non possedevo un autovettura, non che non ne avessi avute, ma dopo aver preso tra il  Giovedì notte e il Venerdì mattina due multe in divieto sosta per lavaggio strade decisi che il comune di Milano poteva vivere senza affibbiarmi multe. Mi muovevo estate ed inverno, pioggia, sole e neve in moto, se ne avevo necessità noleggiavo un auto: ma quel Sabato optai per un trasporto rapido, caricai la bici sul GS. La peculiarità di quest’ultima era, oltre al sistema di sospensione anteriore, l’ottimizzazione del trasporto bagagli: borse laterali, baule e la sella divisa in due parti che nascondeva sotto quella del passeggero un telaietto metallico che allungava il portapacchi. Tolte le ruote ed il reggisella legare la B5 con due corde elastiche era un gioco da bimbo dell’asilo, nelle borse casco e protezioni. Ero in piedi in fianco alla moto quando alle 7,30 preciso come un treno svizzero un furgone bianco seguito da alcune auto si fermò azionando le quattro frecce appena prima della piazza. “Biffi, questo è fuori, ma fuori vero…” disse ridacchiando Daniele scendendo dal furgone. Era un Ducato bianco, un duemila benzina: “Gianni come mai un furgone a benzina? Consuma come una nave porta container…” esclamai. “Non sopporto l’odore del gasolio, per niente” La risposta lapidaria non ammetteva replica. Nel frattempo scesero dalle auto accodate una decina di bikers dalle divise multicolori , in quel periodo il fluo imperava la stesso Gianni aveva un giacchino antivento logato Mountain Cycle in pieno petto, con una scelta di colori forse suggerita al grafico Californiano da un uso smodato di sostanze psicotrope… Non so chi fosse meno fuori tra tutti, poiché visto da vicino nessuno è normale (Franco Basaglia cit.).

Sul furgone il terzo sedile era occupato da un altro biker con una maglia attillata che rivelava il suo passato da stradista, un Milanesone dinoccolato e dalla lingua tagliente ma sempre in modo educato: Daniele Marnati. Il braccio meccanico di Pro-M, lo scoprii quel giorno, qualche ora dopo, prima di iniziare la discesa verso Poschiavo. Rimontai le ruote ed il reggisella alla velocità di Speedy Gonzales e trovai posto sull’auto di Gigi C. uno dei Clienti amici del Biffi che iniziò ad apprezzare la mia logorrea che gli tenne compagnia fino alla destinazione: Tirano. Il Bernina Express, treno a scartamento ridotto della ferrovia Retica con i suoi vagoni rosso fiammante, ci attendeva per portarci con lentezza al Passo del Bernina 2.328m sul livello del mare: considerato che Tirano sta a 441m avremmo avuto più di 2000m di dislivello in discesa, dato che saremmo scesi fino al Morteratsch dove avremmo raggiunto il ghiacciaio e, prima di riprendere il trenino e ritornare al Bernina se il meteo ci avesse assistito, avremmo ammirato la cima del Pizzo Bernina e la cresta vertiginosa del Biancograt che mette ansia solo a nominarla invano. Ma Svizzeri sono ed i treni caro lei, partono sempre in orario, quindi trovato parcheggio nei dintorni della stazione andammo trafelati alla banchina dove in ordine allineammo le bici pronte ad essere caricate sul vagone dedicato, appoggiate al corrimano sembravano tante fuoriserie pronte alla partenza in puro stile Le Mans. Sembrava un trofeo monomarca Mountain Cycle escludendo la mia AMP B5, una Pro Flex 856 di cui ho gà parlato ed una bici in tubi di acciaio con una forcella ammortizzata marchiata Marnati.

La salita con il percorso era un apoteosi di bellezza architettonica e paesaggistica: dopo pochi chilometri passata la frontiera elvetica un viadotto elicoidale ci sorprese , permettendoci di fotografare a 360 gradi la valle consentendo al trenino di inerpicarsi con pendenze al 70% per arrivare a Miralago costeggiando il lago di Poschiavo dove l’azzurro turchese delle acque si scioglieva nel verde profondo dei boschi circostanti e dove la valle si apre con maestosità sotto lo sguardo severo del Bernina. Non si faceva un granché di chiacchiere, per molti del gruppo era la prima volta, si osservavano le rive boscose ed i ghiacciai pensili tra gli “ooohhh” di stupore di comitive di turisti Giapponesi con calze ed infradito ai piedi tutti presi dallo smanacciare le loro Nikon F4, tanto che fotografarono anche noi quando scendemmo al passo… Chissà che cosa mai pensassero di noi, credo che l’abbigliamento arlecchinesco abbia avuto il suo fascino. Lasciata l’alpe Grum la vista del Lago Bianco ci permise di vedere il sentiero che avremmo percorso per tornare a Tirano, scorreva in parte in fianco alla linea ferroviaria per poi sparire alla vista poco prima di una diga idroelettrica. Scendemmo carichi come molle dal treno sferzati da un vento pungente che al Passo del Bernina non ti abbandona mai nel bene e soprattutto nel male, quindi anche l’antivento psichedelica aveva un senso perché ti evitava il record di corsa al bagno dove se non avevi il franco pronto eri castigato…

Salire a freddo per guadagnare una cinquantina di metri di dislivello era decisamente fastidioso, le nubi si sovrapponevano rapide al sole che cercava di riscaldare una landa senz’alberi ed il vento ovviamente faceva il suo lavoro soffiandoci beffardo contro. La difficoltà della percorrenza dei sentieri era assai diversa da quella di oggi date le minori escursioni e le gomme che non avevano le mescole ultragrappanti che utilizziamo in questi ultimi anni; non si abbassava la sella in discesa per cui vederci scendere non era come vedere Barishnikov sul palcoscenico dell’Operà di Parigi… Posso dire che con le geometrie del tempo facevamo cose inimmaginabili, tipo cappottoni degni del miglior “Fantocci” (Sig.na Silvani cit.) oppure la dimostrazione pratica del Big Bang. Avendo esplorato ormai da dieci anni l’Engadina, condussi il gruppo lungo un sentiero escursionistico che sfiorava il Piz Lagalb, un dente scosceso che fa da spartiacque con la valle di Livigno: non esistevano precisi sentieri per mountain bikers, si percorrevano le carrarecce dove i cavalli trainavano annoiati le carrozze pullulanti di vacanzieri con i pantaloni di velluto a coste larghe oppure i tracciati del CAS. Il sentiero lo conoscevo bene, sapevo quali difficoltà avremmo trovato, vedendo il gruppo cosi omogeneamente fluo pensai che lo fossero anche in discesa. Daniele il braccio meccanico di Pro-M si fece gran parte del sentiero con la bici a mano e non me lo mandò a dire quando fummo alla stazione del Morteratsch: in realtà non era cosi difficile, ma per chi come lui proveniva dalla strada, la sua idea di fuoristrada era più simile al ciclocross… Gianni aveva in quel momento una San Andreas nera e dietro di lui sfilavano tutte le altre che sembravano mustang al galoppo, quasi a fagocitare i massi di granito che interrompevano il fluire del sentiero, che poco dopo si sarebbe dolcemente trasformato in un serpente di terra gialla fino alla strada bianca che ci avrebbe portato verso il ghiacciaio. Un caldo sole ci aveva accolto, ma nuvolaglie minacciose che facevano cappello alla cima ci consigliarono di prendere il primo treno in direzione del Passo.

Finalmente il tepore della carrozza che era come da regolamento per tre quarti occupata da una comitiva di giapponesi questa volta con gli scarponi da montagna e con le macchine motorizzate pronte a sparare trentasei foto in un battito di ciglia. Il gruppo sembrava soddisfatto del percorso non avevo familiarità con nessuno di loro, ma una sana empatia si era già sviluppata. Non ero ancora nel meccanismo della presa per i fondelli, attività che con diverse modalità segnerà le uscite future… Per fortuna non ci siamo mai presi sul serio, altrimenti non sarei qui a scriverne.
Il tragitto nonostante la splendida lentezza del trenino fu breve, scendemmo all’ Ospizio del passo e costeggiando il Lago Bianco pedalando alcuni tratti in saliscendi piombammo all’alpe Grum da dove si spalancò sotto le nostre ruote la scoscesa Val Cavaglia. Il Lago Palù alla vista sembrava un turchese grezzo adagiato su un cuscino di color smeraldo legato da un fiocco grigio. Il sentiero scendeva a capofitto fino a lambirlo, tra sassi smossi e taglia acqua assassini: eccome se lo erano.
Le vittime non si fecero attendere ed io come dimostrerò anche in futuro ero la vittima sacrificale predestinata. “Certo che… Se mi scendi così più prima che poi una foratura ti aspetta” Gianni con un sorrisino un poco strafottente ma ci stava, ero nuovo dell’equipaggio, il comandante era lui anche se non mi sembrava fosse il capitano Achab e io non ero Ishmael, per carità aveva ragione… “La modalità Caterpillar può dare dei buoni frutti, ma a Poschiavo non arriverai se non hai qualche camera nello zaino”. In effetti Gianni aveva ragione. Ho sempre guidato con pressioni imbarazzanti, ma visto che non sono un peso piuma avrei dovuto preferire due ruote di legno. Per completare il quadro avevo problemi con il cambio, Daniele il braccio meccanico di Pro-M forse impietosito dal mio armeggiare sul cavo si avvicinò. “Regola n.1: se té sbùset té se incùlet… Regola n.2: le regolazioni si fanno in officina prima di uscire… Regola n.3: incoò l’è Dumenega e lauri no”. Queste regola auree mi seguono ancora adesso anche se dopo ventidue anni qualcosa è cambiato…

Ed allora giù sempre a testa bassa visto che il reggisella stava in cielo, attraversando la linea ferroviaria conducendo le danze, seguivamo i calanchi che il torrente Cavagliasch impetuoso aveva forgiato, accecato dalla voglia di gettarsi nel lago e noi chi più chi meno non eravamo inferiori per impeto: il sentiero sembrava infinito e la stanchezza iniziava a farsi sentire. La postura in sella, le sospensioni che offrivano al massimo 120 mm nel mio caso per le San Andreas 112,5 mm non erano sicuramente degli overcraft, ma i sorrisi non mancavano, le ruote si sollevavano ritmiche da terra sbuffando nuvole di polvere come tori all’ingresso dell’arena.
Rapidamente il sentiero si trasformò in un tratturo e poi in una strada bianca e senza renderci conto ci trovammo sull’asfalto a Poschiavo ed una ciclabile ci avrebbe portato a Capolago. La statale ci avrebbe riportato alle auto parcheggiate, avevamo il tempo di sfilarci la testa del gruppo l’un l’altro con scatti repentini oppure infilandoci negli spazi lasciati aperti a centro curva ma le fughe venivano sempre ricucite da Gianni che aveva le ruote più scorrevoli : questo sarà il leit motiv che accompagnerà le gite nel futuro, ma in quel mentre non potevo saperlo…
Mi addormentai a Sondrio e mi svegliai sul lungo lago di Lecco che pullulava di gente a spasso nel tardo pomeriggio con bimbi vocianti, cani al guinzaglio e decine di moto allineate in bella mostra davanti alle gelaterie. “Grazie a tutti, è stata una gita niente male” dissi mentre legavo la bicicletta sulla moto. “Grazie a te, ottimo giro, sentiamoci prossimamente, magari qualche altra volta usciremo”. Salutai tutti con un cenno della mano e mentre i due Daniele e Gianni stavano per salire in furgone dissi: “chissà mai che non si esca qualche altra volta se ci sarà modo”. Inforcai la moto e sgattaiolai tra le auto in coda direzione Milano.